L’estremismo: malattia infantile del comunismo (Lenin)

Il presente testo è redatto in base a “Lenin – Opere Scelte in due volumi – edizioni in lingue estere – Mosca, 1949″

1. In qual senso si può parlare dell’ importanza internazionale della rivoluzione russa?
-1)Nei primi mesi dopo la conquista del potere politico da parte del proletariato in Russia (25 ottobre-7 novembre 1917), poté sembrare che le grandissime differenze esistenti fra la Russia arretrata e i paesi progrediti dell’Europa Occidentale avrebbero reso la rivoluzione del proletariato in questi paesi assai poco simile alla nostra. Adesso abbiamo già di fronte a noi una esperienza internazionale considerevole, la quale attesta nel modo più netto che alcuni tratti fondamentali della nostra rivoluzione non hanno un’importanza locale e specificamente nazionale, né esclusivamente russa, ma un’importanza internazionale. E non parlo qui di importanza internazionale nel senso lato della parola: non alcuni, ma tutti i tratti fondamentali e molti tratti secondari della nostra rivoluzione hanno un’importanza internazionale, in quanto essa ha un’influenza su tutti i paesi. No; parlo qui nel senso più stretto della parola: se per importanza internazionale si intende la portata internazionale o l’inevitabilità storica che si ripeta su scala internazionale ciò che è accaduto da noi, si deve attribuire tale importanza ad alcuni dei tratti fondamentali della nostra rivoluzione.
-2)Certo, sarebbe un gravissimo errore voler esagerare questa verità, estenderla a più di alcuni tratti fondamentali della nostra rivoluzione. Sarebbe altresì un errore trascurare il fatto che, dopo la vittoria della rivoluzione proletaria anche in uno dei paesi più progrediti, avverrà verosimilmente una brusca svolta, cioè la Russia cesserà in breve di essere il paese modello e sarà di nuovo un paese arretrato (dal punto d vista “sovietico” e socialista).
-3)Ma nel presente momento storico le cose stanno proprio così: il modello russo indica a tutti i paesi qualche cosa di molto essenziale del loro inevitabile e non lontano avvenire. In tutti i paesi, gli operai progrediti hanno compreso ciò da molto tempo, e ancor più spesso, lo hanno non tanto compreso quanto intuito, presentito con l’istinto proprio della classe rivoluzionaria. Da ciò deriva l’ “importanza” internazionale (nel senso stretto della parola) del potere sovietico e dei principi della teoria e della tattica del bolscevismo. Questo non l’ hanno compreso i capi “rivoluzionari” della II Internazionale (La II Internazionale fu costituita nel Congresso di Parigi del 14/21 luglio 1889, da rappresentanze di partiti operai e socialisti. Essa si sfasciò nel 1914 all’esplodere della I guerra mondiale. La I Internazionale era stata sciolta a Filadelfia nel luglio del 1876) del genere di Kautsky in Germania, di Otto Bauer e di Friedrich Adler in Austria, i quali, perciò, si sono rivelati dei reazionari, dei difensori del peggiore opportunismo, e del tradimento del socialismo. Tra l’altro, l’opuscolo anonimo “la rivoluzione mondiale” (di Otto Bauer) pubblicato a Vienna nel 1919 mostra con speciale evidenza tutto uno svolgimento, tutto un giro di idee o, meglio, tutto un abisso di mancanza di idee, di pedanteria, di bassezza e di tradimento degli interessi della classe operaia, e tutto ciò condito con la salsa della “difesa” dell’idea della “rivoluzione mondiale”.
-4)Ma ci soffermeremo più particolareggiatamente in altro luogo su questo opuscolo. Qui rileviamo ancora una cosa soltanto: in tempi molto remoti, Kautsky, quando era ancora un marxista e non un rinnegato, affrontando la questione come storico, previde la possibilità di una situazione tale, che in essa lo spirito rivoluzionario del proletariato russo sarebbe divenuto un modello per l’Europa occidentale. Ciò avveniva nell’anno 1902, quando Kautsky pubblicò nel giornale rivoluzionario “Iskra” (“La scintilla”, fondato da Lenin verso la fine dell’anno 1900 e pubblicato all’estero, veniva introdotto clandestinamente in Russia. Nel novembre 1903 (II Congresso) cadde in mano della frazione menscevica, di minoranza. ) l’articolo “gli slavi e la rivoluzione”. In quell’articolo Kautsky scriveva:
-5)”Oggi (al contrario di quanto avveniva nel 1848 [quando gli slavi contribuirono a soffocare la lotta dei tedeschi e degli ungheresi contro i latifondisti e l’assolutismo feudale austriaco]) si può ammettere non soltanto che gli slavi sono entrati nel novero dei popoli rivoluzionari, ma che anche il centro di gravità del pensiero rivoluzionario e dell’azione rivoluzionaria si sposta sempre più verso gli slavi. Il centro rivoluzionario si sposta da occidente a oriente. Nella prima metà del secolo XIX si trovava in Francia, talora in Inghilterra. Nel 1848 la Germania entrò nelle file delle nazioni rivoluzionarie…Il nuovo secolo comincia con avvenimenti tali, da far pensare che ci avviciniamo a un ulteriore spostamento del centro rivoluzionario, e precisamente al suo trasferimento in Russia…La Russia, che ha attinto dall’Occidente tanta iniziativa rivoluzionaria, è forse ora pronta a diventare essa stessa una sorgente di energia rivoluzionaria per l’Occidente. Il rinfocolato movimento rivoluzionario russo diverrà forse il mezzo più potente per sradicare lo spirito di filisteismo infrollito e di politicantismo praticone che incomincia a diffondersi nelle nostre file, e farà nuovamente divampare in vivida fiamma l’ardore della lotta e l’appassionata dedizione ai nostri grandi ideali. Da lungo tempo la Russia ha cessato di essere per l’Europa Occidentale un semplice baluardo della reazione e dell’assolutismo. Oggi forse avviene proprio l’opposto: l’Europa occidentale diventa il baluardo della reazione e dell’assolutismo in Russia… I rivoluzionari russi l’avrebbero forse già da un pezzo finita con lo zar, se non dovessero lottare contemporaneamente anche contro il suo alleato, il capitale europeo. Vogliamo sperare che questa volta essi riusciranno a venire a capo di entrambi i nemici, e che la nuova “Santa Alleanza” crollerà più presto di quelle che la precedettero. Ma qualunque esito possa avere la presente lotta in Russia, non saranno vani il sangue e le sofferenze dei martiri che essa genererà, purtroppo, in numero più che sufficiente. Il sangue e le sofferenze feconderanno i germogli del rivolgimento sociale in tutto il mondo civile e ne renderanno lo sviluppo più rigoglioso e più rapido. Nel 1848 gli slavi furono il rigido gelo che troncò i fiori della primavera dei popoli. Forse oggi è loro riservato di essere l’uragano che infrangerà il ghiaccio della reazione e apporterà irrefrenabilmente ai popoli una nuova, felice, primavera”.
Scriveva bene Karl Kautsky diciotto anni fa!
2.Una delle condizioni principali del successo dei bolscevichi
-6) E’ certo che ormai quasi tutti vedono che i bolscevichi non si sarebbero mantenuti al potere, non dico due anni e mezzo, ma nemmeno due mesi e mezzo, se non fosse esistita una disciplina severissima, veramente ferrea del nostro partito, se il partito non avesse avuto l’appoggio totale e pieno di abnegazione di tutta la massa della classe operaia, cioè di tutto quanto vi è in essa di pensante, di onesto, di devoto fino all’abnegazione, di influente e capace di guidare o di attrarre gli strati arretrati.
-7) La dittatura del proletariato è la guerra più eroica e più implacabile della classe nuova contro un nemico più potente, contro la borghesia, la cui resistenza è decuplicata dal fatto di essere stata rovesciata (sia pure in un solo paese), e la cui potenza non consiste soltanto nella forza del capitale internazionale, nella forza e nella solidità dei legami internazionali della borghesia, ma anche nella forza dell’abitudine, nella forza della piccola produzione; poiché, per disgrazia, la piccola produzione esiste tuttora in misura molto, molto grande, e la piccola produzione genera il capitalismo e la borghesia costantemente, ogni giorno, ogni ora, in modo spontaneo e in vaste proporzioni. Per tutte queste ragioni la dittatura del proletariato è necessaria, e la vittoria sulla borghesia è impossibile senza una guerra lunga, tenace, disperata, per la vita e per la morte, una guerra che richiede padronanza di sé, disciplina, fermezza, inflessibilità e unità di volere.
-8)Ripeto: l’esperienza della vittoriosa dittatura del proletariato in Russia ha dimostrato con evidenza a coloro che non sanno pensare o non hanno mai dovuto meditare su questo problema, che una centralizzazione assoluta e la più severa disciplina del proletariato sono condizioni essenziali per la vittoria sulla borghesia.
-9)Di questo problema si parla sovente. Ma si è ben lontani dal riflettere abbastanza a che cosa ciò significhi, a quali condizioni sia possibile una tale vittoria. Non è invece doveroso accompagnare più spesso le acclamazioni al potere sovietico e ai bolscevichi con la più seria analisi della cause per le quali i bolscevichi hanno potuto forgiare la disciplina indispensabile al proletariato rivoluzionario? Il bolscevismo, come corrente del pensiero politico e come partito politico, esiste dal 1903 (II Congresso del Partito operaio socialdemocratico di Russia, in cui prevalsero gli orientamenti di Lenin – bolscevico = maggioranza: gruppo dell’Iskra, con 33 voti; contro i 16 voti degli altri: menscevichi = minoranza). Soltanto una storia del bolscevismo che abbracci tutto il periodo della sua esistenza, può spiegare in maniera soddisfacente perché esso abbia potuto forgiare e mantenere, nelle più difficili circostanze, la ferrea disciplina che è necessaria per la vittoria del proletariato.
-10)E, innanzi tutto, sorge il problema: su che cosa si basa la disciplina del partito rivoluzionario del proletariato? In che modo viene messa alla prova? In che modo viene rafforzata? In primo luogo, mediante la coscienza dell’avanguardia proletaria e la sua devozione alla causa rivoluzionaria, mediante la sua fermezza, la sua abnegazione, il suo eroismo. In secondo luogo, mediante la capacità di questa avanguardia di collegarsi, di avvicinarsi e, se volete, fino a un certo punto, di fondersi con le grandi masse dei lavoratori, dei proletari innanzi tutto, ma anche con le masse lavoratrici non proletarie. In terzo luogo, mediante la giustezza della direzione politica realizzata da questa avanguardia, mediante la giustezza della sua strategia e della sua tattica politiche e a condizione che le grandi masse si convincano per propria esperienza di questa giustezza. Senza queste condizioni, la disciplina di un partito rivoluzionario, realmente capace di essere il partito di una classe d’avanguardia che deve rovesciare la borghesia e trasformare tutta la società, non è realizzabile. Senza queste condizioni, i tentativi di creare una disciplina si trasformano inevitabilmente in bolle di sapone, in frasi, in commedie. D’altra parte, queste condizioni non possono sorgere di colpo. Esse sono il risultato di un lungo lavoro, di una dura esperienza; la loro elaborazione viene facilitata da una teoria rivoluzionaria giusta, e questa, a sua volta, non è un dogma, ma si forma in modo definitivo solo in stretto legame con la pratica di un movimento veramente di massa e veramente rivoluzionario.
-11)Se il bolscevismo, negli anni 1917-1920, in circostanze quanto mai difficili, ha potuto creare e attuare con pieno successo, la più severa centralizzazione e una ferrea disciplina, ciò è dovuto puramente e semplicemente a un complesso di caratteristiche storiche particolari della Russia.
-12)Da una lato, il bolscevismo sorse nel 1903 sulla base più salda, sulla base della teoria marxista. E la giustezza di questa teoria rivoluzionaria –e unicamente di questa- fu provata non soltanto dall’esperienza mondiale di tutto il secolo decimonono, ma anche e specialmente dall’esperienza dei brancolamenti, dei tentennamenti, degli errori e delle delusioni del pensiero rivoluzionario in Russia. Nel corso di circa mezzo secolo, a un dipresso dal 1840 al 1900, il pensiero d’avanguardia nella Russia, sotto il giogo inaudito, brutale e reazionario dello zarismo, cercò avidamente una giusta teoria rivoluzionaria e seguì con zelo e accuratezza sorprendente ogni “ultima parola” dell’Europa e dell’America in questo campo. La Russia, in verità, è pervenuta al marxismo, come all’unica teoria rivoluzionaria giusta, attraverso il travaglio di una storia semisecolare di tormenti e di sacrifici inauditi, di un eroismo rivoluzionario mai visto, d’incredibile energia e di instancabili ricerche, studi, esperimenti, di applicazioni pratiche, delusioni, verifiche, confronti con le esperienze dell’Europa. Grazie all’emigrazione imposta dallo zarismo, la Russia rivoluzionaria, nella seconda metà del secolo decimonono, dispose, come nessun altro paese al mondo, di una grande ricchezza di legami internazionali, di un’ottima conoscenza delle forme e delle teorie mondiali del movimento rivoluzionario.
-13)D’altro lato, il bolscevismo, sorto su questa granitica base teorica, ha avuto una storia pratica di quindici anni (1903-1917), che non ha eguali al mondo per ricchezza di esperienze. Perché non vi è paese che in questi quindici anni abbia fatto, anche solo approssimativamente, tanto quanto la Russia nel senso dell’esperienza rivoluzionaria, della rapidità e varietà di successione delle diverse forme del movimento, legale e illegale, pacifico e violento, clandestino e aperto, di piccoli circoli e di grandi masse, parlamentare e terroristico (si tratta del “terrorismo” come tattica militare e non del “terrorismo” come pratica degli attentati individuali da parte di gruppetti staccati dalle masse, che Lenin rigettava e che, all’inizio del ‘900, era teorizzato e praticato da anarchici, socialisti/rivoluzionari,ecc., duramente criticati da Lenin anche per questo.V:par.28). In nessun paese è stata concentrata, in così breve spazio di tempo, una tale ricchezza di forme, gradazioni e metodi di lotta di tutte le classi della società contemporanea, di una lotta, inoltre, che, in conseguenza dell’arretratezza del paese e del duro giogo dello zarismo, andava maturando con una celerità particolare e si appropriava, con speciale avidità e buon successo, la corrispondente “ultima parola” dell’esperienza politica europea e americana.
3. Le tappe principali nella storia del bolscevismo
-14)Gli anni di preparazione della rivoluzione (1902-1905). Dappertutto si sente vicina la grande tempesta. In tutte le classi, effervescenze preparazione. All’estero la stampa dell’emigrazione pone teoricamente tutte le questioni fondamentali della rivoluzione. I rappresentanti delle tre classi principali, delle tre correnti politiche più importanti –la borghese liberale, la democratica piccolo borghese (coperta dalle insegne delle tendenze “socialdemocratica” e “social/rivoluzionaria” e la proletaria rivoluzionaria, – annunciano e preparano, con l’asprissima lotta delle loro opinioni tattiche e programmatiche, la prossima lotta di classe aperta. Tutti i problemi, attorno ai quali si svolse la lotta armata della masse negli anni 1905-1907 e 1917-1920 si possono (e si devono) esaminare nella loro forma embrionale, sulla stampa di allora. E naturalmente, oltre le tre tendenze principali, ci sono innumerevoli forme intermedie, instabili, di transizione. Meglio: nella lotta degli organi di stampa, dei partiti, frazioni e gruppi, si cristallizzano le tendenze politico-ideologiche che sono in realtà tendenze di classe; le classi si forgiano l’arma politiche ideologiche che occorrenti per le future battaglie.
15)Gli ani della rivoluzione (1905-1907). Tutte le classi agiscono apertamente. Tutte le concezioni tattiche e programmatiche vengono verificate dall’azione delle masse. Scioperi di ampiezza e violenza senza precedenti al mondo. Trasformazione dello sciopero economico in sciopero politico e dello sciopero politico in insurrezione. Verifica pratica dei rapporti tra il proletariato dirigente e i contadini oscillanti, instabili, da esso diretti. Nello sviluppo spontaneo della lotta, nasce la forma sovietica dell’organizzazione. (I primi soviet (consigli) degli operai russi si costituirono spontaneamente durante la rivoluzione del 1905. I bolscevichi li vedevano come organo di un futuro potere operaio, i menscevichi come organi puramente amministrativi). Le discussioni di quel periodo sulla funzione dei soviet preannunciano la grande lotta degli anni 1917-1920. La sostituzione delle forme parlamentari della lotta con quelle non parlamentari, della tattica del boicottaggio del parlamentarismo con quella della partecipazione al parlamentarismo, delle forme legali della lotta con quelle illegali, come pure i rapporti reciproci e il nesso tra queste diverse forme: -tutto ciò si distingue per una meravigliosa ricchezza di contenuto. Ogni mese di questo periodo, dal punto di vista dell’ insegnamento dei principi della scienza politica,- alle masse e ai capi, alle classi e ai partiti,- equivale a un anno di sviluppo “pacifico”, “costituzionale”. Senza la “prova generale” del 1905 non sarebbe stata possibile la vittoria della Rivoluzione di Ottobre del 1917.
16)Gli anni della reazione (1907-1910). Lo zarismo ha vinto. Tutti i partiti rivoluzionari e di opposizione sono battuti. Scoraggiamento, demoralizzazione, scissioni, decomposizione, tradimento, pornografia invece di politica. Si rafforza la tendenza all’idealismo filosofico; il misticismo è l’ involucro che copre le tendenze controrivoluzionarie. Ma appunto la grande sconfitta è, al tempo stesso, per i partiti rivoluzionari e per la classe rivoluzionaria un’effettiva ed utilissima lezione, una lezione di dialettica storica, una lezione sulla comprensione, la capacità e l’arte di condurre la lotta politica. Nella sventura si conoscono gli amici. Gli eserciti battuti imparano bene.
17)Lo zarismo vittorioso è costretto ad affrettare la distruzione dei residui di vita pre-borghese, patriarcale in Russia. Lo sviluppo borghese in Russia avanza con prodigiosa rapidità. Le illusioni di potersi situare all’infuori e al di sopra delle classi, le illusioni sulla possibilità di evitare il capitalismo, cadono in frantumi. La lotta di classe si presenta in forma del tutto nuova e ancora più netta.
18)I partiti rivoluzionari debbono completare la loro istruzione. Essi hanno imparato a condurre l’offensiva. Ora bisogna comprendere la necessità di completare questa scienza con la scienza della ritirata in buon ordine. Bisogna comprendere -e la classe rivoluzionaria impara a comprendere dalla propria amara esperienza- che non si può vincere senza avere appreso la scienza dell’offensiva e la scienza della ritirata. Fra tutti i partiti d’opposizione e rivoluzionari battuti, il partito dei bolscevichi si ritirò con maggiore ordine, con le minori perdite per il suo “esercito”, conservandone meglio il nucleo, con le scissioni minori (per profondità e insanabilità), con la minor demoralizzazione e con la maggiore capacità di riprendere il lavoro nel modo più ampio, giusto ed energico. E i bolscevichi ottennero questo soltanto perché smascherarono e scacciarono spietatamente tutti i facitori di frasi rivoluzionarie, i quali non volevano capire che bisognava ritirarsi, che bisognava sapersi ritirare, che bisognava imparare a qualunque costo a lavorare legalmente nei parlamenti più reazionari, nelle più reazionarie organizzazioni sindacali, cooperative, di assicurazioni e simili.
19)Gli anni della ripresa (1910-1914). Da principio, la ripresa fu incredibilmente lenta; in seguito, dopo gli avvenimenti della Lena (Il 4 aprile 1902, oltre 500 operai delle miniere d’oro delle Lena, in Siberia, furono colpiti dalla gendarmeria zarista, durante una manifestazione per più umane condizioni di lavoro..300.000 operai scesero in sciopero in tutta la Russia: il movimento tornava a crescere), nell’anno 1912, divenne un po’ più rapida. I bolscevichi, superando immense difficoltà, respinsero i menscevichi, la cui funzione come agenti borghesi nel movimento operaio era già stata perfettamente compresa dopo il 1905 da tutta la borghesia, che li appoggiava perciò, in mille modi, contro i bolscevichi. Ma i bolscevichi non sarebbero mai riusciti a respingerli, se non avessero applicato una tattica giusta, la tattica di unire il lavoro illegale con l’utilizzazione obbligatoria delle “possibilità legali”. Nella Duma ultrareazionaria i bolscevichi conquistarono tutta la curia operaia. (nelle elezioni alla Duma (parlamento) era consentita la presentazione di candidati delle assemblee operaie. Un complicato meccanismo elettorale, la corruzione e la persecuzione poliziesca impedivano di fatto tale possibilità. I bolscevichi riuscirono a superarle grazie a un grande sforzo organizzativo all’appoggio degli operai che giunsero allo sciopero per difendere il proprio diritto elettorale)
20)La I guerra imperialista mondiale (19141917). Il parlamentarismo legale, con un “Parlamento” ultrareazionario, rende un servizio oltremodo utile al partito del proletariato rivoluzionario, ai bolscevichi. I deputati bolscevichi vanno in Siberia (Allo scoppio della guerra, il partito bolscevico fu messo nella più assoluta illegalità. I deputati, ancora relativamente tutelati, furono incaricati di svolgere la maggior parte del lavoro di partito. Nel novembre 1914, grazie a una delazione, furono tutti arrestati e deportati in Siberia, proprio durante una conferenza illegale in cui decisero di aderire alle tesi leniniste sulla guerra. Nel processo i deputati bolscevichi difesero le tesi del Partito e furono condannati alla deportazione.). Nella nostra stampa dell’emigrazione tutte le gradazioni di vedute: il social/imperialismo, il social/sciovinismo, il social/patriottismo, l’internazionali- smo incoerente e l’internazionalismo conseguente, il pacifismo e la negazione rivoluzionaria delle illusioni pacifiste, trovano la loro piena espressione. Gli stupidi sapienti e le vecchie comari della II Internazionale che, di fronte all’abbondanza delle “frazioni” del socialismo russo e dell’asprezza delle loro lotte, avevano sprezzantemente e boriosamente arricciato il naso, quando la guerra li spogliò della strombazzata “legalità” in tutti i pesi progrediti, non furono in grado di organizzare nemmeno in modo approssimativo uno scambio di opinioni così libero (illegale), o una così libera (illegale) elaborazione di concezioni giuste, come avevano fatto i rivoluzionari russi in Svizzera e in parecchi altri paesi. Appunto perciò i social/patrioti dichiarati e i “kautskiani” di tutti i paesi, si dimostrarono i peggiori traditori del proletariato. E se il bolscevismo, negli anni 1917-1920, è stato capace di vincere, una della cause fondamentali di questa vittoria fu che il bolscevismo, fin dalla fine del 1914, smascherò senza pietà la nefandezza, la viltà, l’abbiezione del social/sciovinismo e del “kautskismo” (a cui corrispondono il longuettismo in Francia, le idee dei capi del Partito laburista indipendente e dei fabiani in Inghilterra, Turati in Italia, ecc.) e che le masse, poi, si convinsero sempre più, per esperienza propria, della giustezza delle idee dei bolscevichi.
21)La II rivoluzione in Russia (dal febbraio all’ottobre 1917). L’incredibile decrepitezza e fossilizzazione dello zarismo avevano creato (con l’ausilio dei colpi e del peso di una guerra crudelissima) una straordinaria forza distruttiva rivolta contro di esso. In pochi giorni la Russia si trasformò in una repubblica democratica borghese che, nelle circostanze della guerra, era più libera di qualsiasi paese del mondo. Il governo, come nelle repubbliche più “rigorosamente parlamentari” fu costituito dai capi dei partiti di opposizione e rivoluzionari, e il titolo di capo di un partito di opposizione nel parlamento, anche se si trattava del parlamento più reazionario, facilitava a tale capo la sua successiva funzione nella rivoluzione.
22)I menscevichi e i “socialisti rivoluzionari” assimilarono mirabilmente, in capo ad alcune settimane tutti i metodi e i modi , gli argomenti e i sofismi degli eroi europei della II Internazionale, dei ministerialisti e della rimanente genia opportunistica. Tutto ciò che leggiamo oggi su Scheidemann e su Noske, su Kautsky e su Hilferding, su Renner e su Austerlitz, su Otto Bauer e su Friedrich Adler, su Turati e su Longuet, sui fabiani e sui capi del Partito laburista indipendente in Inghilterra, tutto ciò sembra (ed è in realtà) una noiosa rifrittura, la ripetizione di un noto e vecchio motivo. Presso i menscevichi abbiamo già visto tutto questo. La storia si è permessa uno scherzo e ha costretto gli opportunisti di un paese arretrato a precorrere gli opportunisti di parecchi paesi avanzati.
23)Se tutti gli eroi della II Internazionale hanno fatto bancarotta e si sono coperti di vergogna nella questione dell’importanza della funzione dei Soviet e del potere dei Soviet, se in questa questione sono rimasti svergognati e confusi in modo particolarmente “chiaro” i capi dei tre importantissimi partiti ora usciti dalla II Internazionale (precisamente il Partito socialdemocratico indipendente tedesco, il Partito longuettista francese, il Partito laburista indipendente inglese), se essi tutti si sono rivelati schiavi dei pregiudizi della democrazia piccolo/borghese (proprio come i piccolo borghesi del 1848 che si chiamavano “socialdemocratici”) [in Francia nel 1848 assunsero questa denominazione i rappresentanti della sinistra piccolo borghese, rivoluzionaria a parole, ma incapace di qualsiasi azione concreta], noi avevamo già visto tutto ciò dall’esempio dei menscevichi. La storia si è permessa questo scherzo: nell’anno 1905 in Russia nacquero i Soviet; dal febbraio all’ottobre 1917 essi furono falsificati dai menscevichi che fallirono per la loro incapacità di comprenderne la funzione e l’importanza; e oggi l’idea del potere sovietico è nata in tutto il mondo e si diffonde con inaudita rapidità fra il proletariato di tutti i paesi, mentre tutti i vecchi eroi della II Internazionale, in conseguenza di quella stessa incapacità a comprendere la funzione e l’importanza dei Soviet, fanno dappertutto la stessa bancarotta dei nostri menscevichi. L’esperienza ha dimostrato che, in alcuni problemi oltremodo essenziali della rivoluzione proletaria, tutti i paesi dovranno fare inevitabilmente ciò che ha fatto la Russia.
24)I bolscevichi hanno incominciato con molta prudenza la loro lotta vittoriosa contro la repubblica parlamentare -di fatto borghese- e contro i menscevichi, e l’ hanno preparata in un modo tutt’altro che semplice, all’opposto delle opinioni che oggi spesso si sentono esprimere in Europa e in America. Al principio del periodo ricordato, non invitavamo ad abbattere il governo, ma spiegavamo l’impossibilità di abbatterlo senza dei mutamenti preventivi nella composizione e nell’orientamento dei Soviet. Non abbiamo proclamato il boicottaggio del parlamento borghese, della Costituente, [eletta nel novembre 1917, respinse il 5 gennaio 1918 la “dichiarazione dei diritti del popolo lavoratore e sfruttato” formulata da Lenin, e approvata dal Consiglio dei Commissari del popolo in cui si affermava che tutto il potere apparteneva ai soviet. L’assemblea fu sciolta il 6 gennaio 1918. Il 10 gennaio la dichiarazione leninista fu approvata dal III Congresso pan/russo dei soviet dei deputati operai e soldati, cui si unì il III Congresso pan/russo dei contadini], ma -fin dalla conferenza di aprile (1917) [VII Conferenza pan/russa bolscevica – Pitroburgo -24,29 aprile 1917] del nostro partito- abbiamo detto ufficialmente in nome del partito che una repubblica borghese con una Costituente è migliore di una repubblica borghese senza Costituente, ma che la repubblica sovietica “degli operai e dei contadini” è migliore di qualsiasi repubblica parlamentare democratica borghese. Senza tale preparazione lunga, previdente, minuziosa, accorta, non avremmo potuto né ottenere la vittoria nell’Ottobre 1917, né mantenere questa vittoria.
4.Lottando con quali nemici in seno al movimento operaio il bolscevismo è cresciuto, si è rafforzato e temprato?
25)Anzitutto e principalmente lottando contro l’opportunismo che nel 1914 si trasformò definitivamente in social/sciovinismo e passò definitivamente dalla parte della borghesia contro il proletariato. Quello fu naturalmente il principale nemico del bolscevismo in seno al movimento operaio. E rimane ancora oggi il principale nemico nel campo internazionale. A questo nemico il bolscevismo rivolse e rivolge ancora la massima attenzione. Questo lato dell’attività dei bolscevichi è oggi abbastanza ben conosciuto anche all’estero.
26)Non si può dire la stessa cosa circa una altro nemico del bolscevismo in seno al movimento operaio. All’estero non è ancora abbastanza noto che il bolscevismo è cresciuto, si è formato e temprato in una lotta di molti anni contro lo spirito rivoluzionario rivoluzionarismo piccolo-borghese, che rassomiglia all’anarchismo o ha preso qualcosa da esso, e si allontana, in tutte le cose essenziali, dalle condizioni e dai bisogni di una tenace lotta di classe proletaria. In teoria, per i marxisti è cosa del tutto certa –e confermata pienamente dall’esperienza di tutte le rivoluzioni e di tutti i movimenti rivoluzionari europei- che il piccolo proprietario, il piccolo padrone (tipo sociale che in molti paesi europei è rappresentato da una massa molto vasta) subendo sotto il capitalismo una continua oppressione e, molto spesso, un peggioramento della sua vita incredibilmente brusco e rapido e la rovina, si abbandona con facilità a sentimenti rivoluzionari estremi, ma non è capace di dimostrare fermezza, organizzazione, disciplina, tenacia. Il piccolo borghese “infuriato” per gli orrori del capitalismo è un fenomeno sociale caratteristico, come l’anarchismo, di tutti i paesi capitalistici. L’inconsistenza di tale mentalità rivoluzionaria, la sua sterilità, la sua proprietà di trasformarsi presto in sottomissione, apatia, fantasticheria e perfino in “folle” passione per questa o quella corrente borghese “di moda”, tutto ciò è universalmente noto. Ma il riconoscimento teorico e astratto di queste verità, non libera per nulla i partiti rivoluzionari dai vecchi errori, i quali risorgono sempre per motivi inattesi, in forma alquanto nuova, in una veste e in circostanze prima sconosciute, in una situazione originale (più o meno originale).
27)L’anarchismo fu non di rado una sorta di castigo per i peccati opportunisti del movimento operaio. Le due deformità si completavano a vicenda. E se in Russia, quantunque la composizione della popolazione sia più piccolo/borghese che nei paesi europei, l’anarchismo ha esercitato un’influenza relativamente insignificante nel periodo delle due rivoluzioni (1905-1917) e durante la loro preparazione, ciò, in parte, deve essere senza dubbio ascritto a merito del bolscevismo, che ha sempre condotto contro l’opportunismo la lotta più implacabile e più irriducibile. Dico “in parte”, perché nell’indebolimento dell’anarchismo in Russia una funzione ancora più importante ha avuto il fatto che esso, nel passato (nel decennio 1870-1880), aveva avuto la possibilità di svilupparsi con straordinario rigoglio e di rivelare, fino in fondo, la sua erroneità, la sua inettitudine come teoria capace di dirigere la classe rivoluzionaria.
28)Il bolscevismo al suo sorgere, nel 1903, riprese la tradizione della lotta implacabile contro il rivoluzionarismo piccolo/borghese, semianarchico (o capace di civettare con l’anarchismo), tradizione che era sempre esistita nelle socialdemocrazia rivoluzionaria e che presso di noi si era particolarmente rafforzata dal 1900 al 1903, quando in Russia si erano gettate le basi del partito di massa del proletariato rivoluzionario. Il bolscevismo riprese e continuò la lotta contro il partito che esprimeva più di ogni altro le tendenze dello spirito rivoluzionario piccolo/borghese, cioè contro il partito dei “socialisti rivoluzionari”, intorno a tre punti principali. In primo luogo, questo partito, che negava il marxismo, si ostinava a non comprendere (forse è più esatto dire: non poteva comprendere) la necessità di ponderare, con rigorosa obiettività, le forze di classe e loro rapporti reciproci, prima di qualsiasi azione politica. In secondo luogo, questo partito ravvisava il suo particolare “spirito rivoluzionario”, ossia il “sinistrismo”, nel riconoscimento del terrore individuale, degli attentati che noi marxisti respingevamo risolutamente. Noi, si capisce, respingevamo il terrore individuale soltanto per motivi pratici, mentre la gente capace di condannare “per principio” il terrorismo della grande Rivoluzione francese o in genere il terrore da parte di un partito rivoluzionario che abbia vinto e sia assediato dalla borghesia di tutto il mondo, questa gente era già stata coperta di ridicolo e di vergogna da Plekhanov, nel 1900-1903, quando Plekhanov era ancora un marxista e un rivoluzionario. In terzo luogo, i “socialisti rivoluzionari” ravvisavano il “sinistrismo” nel dileggiare i peccati opportunisti relativamente piccoli della socialdemocrazia tedesca, pur imitando gli opportunisti estremi di quel medesimo partito, per esempio, nella questione agraria e nella questione della dittatura dl proletariato.
29)La storia -sia detto di sfuggita- ha ora confermato, su grandissima scala, su scala storica mondiale, l’opinione che abbiamo sempre sostenuto, cioè che la socialdemocrazia rivoluzionaria tedesca (si noti che Plekhanov sin dal 1900-1903 aveva chiesto l’espulsione di Bernstein dal partito, e i bolscevichi, che si mantennero sempre fedeli a questa tradizione, smascherarono nel 1913 tutta la bassezza, la viltà e il tradimento di Legien) era la più vicina a quel tipo di partito di cui aveva bisogno il proletariato rivoluzionario per poter vincere. Adesso, nel 1920, dopo i crolli ignominiosi e tutte le crisi del periodo della guerra e dei primi anni del dopoguerra, è chiaro che, di tutti i partiti occidentali, proprio la socialdemocrazia rivoluzionaria tedesca ha dato i capi migliori e si è anche riavuta, risanata e rafforzata per prima. Ciò si vede sia nel partito degli “spartachiani”, sia nell’ala sinistra, proletaria, del “Partito socialdemocratico indipendente della Germania”, la quale conduce una lotta perseverante contro l’opportunismo e la mancanza di carattere dei Kautsky, degli Hilferding, dei Ledebour, dei Crispien. Se ora si getta uno sguardo di insieme sul periodo storico completamente concluso, che va cioè dalla comune di Parigi fino alla I Repubblica socialista sovietica, il rapporto del marxismo con l’anarchismo prende in generale contorni perfettamente determinati e incontestabili. In ultima analisi, è risultato che il marxismo aveva ragione, e se gli anarchici denunciarono giustamente lo spirito opportunistico delle idee sullo Stato, dominanti nella maggioranza dei partiti socialisti, in primo luogo questo spirito opportunistico era collegato con la deformazione e anzi con il diretto occultamento delle idee di Marx sullo Stato (nel mio libro “Stato e rivoluzione” ho rilevato che Bebel, per 36 anni, dal 1875 al 1911 tenne nascosta una lettera di Engels che svelava in modo particolarmente netto, reciso, aperto, chiaro, l’opportunismo delle concezioni socialdemocratiche correnti in merito allo Stato); in secondo luogo, la rettifica di queste idee opportuniste, il riconoscimento del potere dei Soviet e della sua superiorità sulla democrazia parlamentare borghese, procedettero con maggior rapidità e ampiezza proprio in seno alle correnti più marxiste nei partiti socialisti europei e americani.
30)In due casi la lotta del bolscevismo contro le deviazioni ”di sinistra” nel partito bolscevico stesso prese proporzioni particolarmente grandi: nel 1908, in merito alla questione della partecipazione al “parlamento” ultrareazionario e alle società operaie legali sottoposte a leggi ultrareazionarie, e nel 1918 (pace di Brest) a proposito della questione della ammissibilità di determinati “compromessi” [Trotsky, che dirigeva la delegazione sovietica alle trattative di pace a Brest-Litovsk, respinse le condizioni di pace del governo tedesco, pur avendo Lenin stipulato un armistizio il 3 dicembre e sostenendo la necessità di arrivare rapidamente alla pace. Riprese le ostilità, la pace poi si concluse a condizioni ancora peggiori].
31)Nel 1908, i bolscevichi di “sinistra” furono espulsi dal nostro partito perché si rifiutavano ostinatamente di comprendere la necessità di partecipare al “parlamento” ultrareazionario. I “sinistri”, molti dei quali erano ottimi rivoluzionari, che in seguito furono (e sono tuttora) con onore membri del partito comunista, si facevano specialmente forti della vittoriosa esperienza del boicottaggio fatto nel 1905. Quando lo zar nell’agosto 1905 annunciò la convocazione del “parlamento” consultivo, i bolscevichi –contro tutti partiti di opposizione e contro i menscevichi- ne proclamarono il boicottaggio, e realmente la rivoluzione dell’ottobre 1905 lo spazzò via. Allora, il boicottaggio risultò giusto, non perché in generale sia giusto non partecipare ai parlamenti reazionari, ma perché si era giustamente valutata la situazione obiettiva che conduceva alla rapida trasformazione degli scioperi di massa dapprima in sciopero politico e poi rivoluzionario e da ultimo in insurrezione. Inoltre, allora si lottava per decidere se si doveva lasciare allo zar la convocazione della prima istituzione rappresentativa o se si doveva tentare di strappare l’iniziativa di questa convocazione dalle mani del vecchio potere. Quando venne meno, e non poteva non venir meno, la certezza di trovarsi si fronte a una situazione obiettiva analoga, come pure di una eguale tendenza e di un eguale ritmo nel suo sviluppo, il boicottaggio cessò di essere giusto.
32)Il boicottaggio bolscevico del “parlamento” nel 1905 arricchì il proletariato rivoluzionario di una esperienza politica straordinariamente preziosa, mostrando che nel combinare le forme di lotta legali e illegali, parlamentari ed extraparlamentari, è talora utile, e perfino necessario, sapere rinunciare a quelle parlamentari. Ma trasportare alla cieca, per pura imitazione, in modo non critico, questa esperienza in condizioni diverse, in una situazione diversa, è un gravissimo errore. Un errore, sebbene piccolo e facile da correggere, fu già il boicottaggio bolscevico della Duma nel 1906. Un errore assai serio e più difficile da correggere fu il boicottaggio del 1907-1908 e degli anni seguenti, quando da una parte non c’era da aspettarsi un’ascesa molto rapida dell’ondata rivoluzionaria e il suo sbocco in una insurrezione, e quando, dall’altra parte, la necessità di combinare il lavoro legale con il lavoro illegale scaturiva da tutta la situazione storica della rinnovantesi monarchia borghese. Oggi, quando si guarda indietro, a quel periodo storico completamente chiuso, la cui connessione con i periodi successivi si mostra ormai nella sua pienezza, si vede con particolare evidenza che i bolscevichi non avrebbero potuto mantenere (non dico neppure: consolidare, sviluppare, rafforzare) il saldo nucleo del partito rivoluzionario del proletariato negli anni 1908-1914, se, attraverso al lotta più aspra, non avessero affermato l’obbligo di combinare le forme illegali della lotta con le sue forme legali, con la partecipazione obbligatoria al parlamento ultrareazionario e ad un certo numero di altre istituzioni sottoposte a leggi reazionarie (casse d assicurazione, ecc.).

*Si può applicare alla politica e ai partiti, con le necessarie modifiche, ciò che si riferisce alle singole persone. Saggio non è colui che non fa errori: di tali uomini non ce ne sono e non ce ne possono essere. Saggio è colui che commette errori non troppo sostanziali, colui che sa correggerli rapidamente e facilmente. (nota di Lenin)

33)Nel 1918 non si è giunti fino alla scissione. I comunisti “di sinistra”, allora, si limitarono a formare un gruppo a parte o “frazione” nel seno del nostro partito, e d’altronde non per molto tempo. Nello stesso anno i più noti rappresentanti del “comunismo di sinistra”, per esempio i compagni Radek e Bukharin, hanno riconosciuto apertamente il loro errore. Essi avevano ritenuto che la pace di Brest fosse inammissibile in linea di principio e costituisse un compromesso con gli imperialisti, dannoso al partito del proletariato rivoluzionario. E in realtà quello fu un compromesso con gli imperialisti, ma precisamente un tale compromesso, in tali circostanze, era indispensabile.
34) Oggi, quando io odo gli attacchi –dei “socialisti rivoluzionari”, per esempio -alla tattica da noi seguita sottoscrivendo il trattato di pace di Brest, o quando odo l’osservazione del compagno Lansbury, che in una conversazione con me disse “i nostri capi inglesi delle trade unions dicono che i compromessi, se sono ammissibili per i bolscevichi, sono ammissibili anche per loro”, io rispondo, di solito, innanzitutto con un paragone semplice e “popolare”:
35)Immaginate che la vostra automobile sia fermata da banditi armati. Voi date loro il denaro, il passaporto, la rivoltella, l’automobile. Vi siete liberati della piacevole compagnia dei banditi. Il compromesso esiste, senza dubbio. “Do ut des” (io “do” a te il denaro, l’arma, l’automobile, “affinché tu dia” a me la possibilità di andarmene sano e salvo). Ma è ben difficile trovare un uomo in possesso delle sue facoltà mentali che dichiari un simile compromesso “inammissibile in linea di principio”, che proclami la persona che lo ha concluso complice dei banditi (anche se i banditi, installatisi nell’automobile, possano utilizzare la macchina e l’arma per nuove grassazioni). Il nostro compromesso con i banditi dell’imperialismo tedesco è stato simile a un tale compromesso.
36)Ma quando i menscevichi e i socialisti rivoluzionari in Russia, gli scheidemanniani (e in notevole misura i kautskiani) in Germania, Otto Bauer e Friedrich Adler in Austria (prescindendo poi dai signori Renner e compagni), i Renaudel, Longuet e compagni in Francia, i fabiani, gli “indipendenti” e il “Partito del Lavoro” (“laburisti”) in Inghilterra, dal 1914 al 1918 e dal 1818 al 1920, hanno concluso dei compromessi coi banditi della loro propria borghesia e talvolta anche con quelli della borghesia “alleata” contro il proletariato rivoluzionario del loro paese, allora sì che tutti questi signori agivano come complici del banditismo.
37)La conclusione è chiara: negare “per principio” i compromessi, negare in generale ogni ammissibilità di compromessi, di qualunque genere essi siano, è una puerilità, che è perfino difficile prendere sul serio. Un uomo politico, che desideri essere utile al proletariato rivoluzionario, deve saper distinguere i casi concreti appunto di quei compromessi che sono inammissibili, nei quali si esprimono opportunismo e tradimento, e indirizzare tutta la forza della critica, tutta l’acutezza di uno spietato smascheramento e di una guerra implacabile contro questi compromessi concreti, e non permettere agli espertissimi socialisti “affaristi” e ai gesuiti parlamentari di evitare e sfuggire la responsabilità con disquisizioni sui “compromessi in generale”. I signori “capi” inglesi delle trade unions, come quelli della società fabiana e del Partito laburista indipendente, sfuggono proprio in questo modo alla responsabilità per il tradimento da essi commesso, per il compromesso di tal genere da essi concluso, compromesso che veramente rappresenta il peggior opportunismo, la defezione e il tradimento.
38)Vi sono compromessi e compromessi. Si deve essere capaci di analizzare le circostanze e le condizioni concrete di ogni compromesso e di ogni specie di compromesso. Si deve imparare a distinguere l’uomo che ha dato denaro e armi ai banditi per ridurre il male che i banditi commettono e facilitarne l‘arresto e la fucilazione, dall’uomo che dà denaro e armi ai banditi per spartire con essi la refurtiva. Nella politica, questo non è sempre così facile come nel piccolo esempio che ho citato e che un bambino può comprendere. Ma chi volesse escogitare una ricetta per gli operai, che offrisse loro decisioni preparate in anticipo per tutti i casi della vita, o promettesse loro che nella politica del proletariato rivoluzionario non ci saranno mai difficoltà e situazioni complicate, sarebbe semplicemente un ciarlatano.
39)Per evitare le false interpretazioni, tenterò di indicare, sia pure nel modo più breve, alcune condizioni fondamentali per l’analisi di compromessi concreti.
40)Il partito che, firmando la pace di Brest, concluse un compromesso con l’imperialismo tedesco, aveva elaborato il suo internazionalismo, di fatto dalla fine del 1914. Esso non aveva temuto di proclamarsi per la sconfitta della monarchia zarista e di stigmatizzare la “difesa della patria” nella guerra tra due predoni imperialisti. I deputati al Parlamento di questo partito andarono in Siberia, anziché prendere la via che conduce ai portafogli ministeriali in un governo borghese. La rivoluzione, che ha abbattuto lo zarismo e creato la repubblica democratica, ha messo il partito a una nuova e grandissima prova: il partito non ha stipulato nessun accordo con i “propri” imperialisti, ma ne preparò il loro rovesciamento e li ha rovesciati. In possesso del potere politico, il partito non ha lasciato pietra su pietra né della proprietà fondiaria, né della proprietà capitalistica. Dopo aver pubblicato e annullato i trattati segreti degli imperialisti, questo partito ha proposto la pace a tutti i popoli, e si è sottomesso alla soperchieria dei predoni di Brest soltanto dopo che gli imperialisti anglo-francesi ebbero mandato all’aria la pace e i bolscevichi ebbero fatto tutto ciò che era umanamente possibile per affrettare la rivoluzione in Germania e negli altri paesi. Che un simile compromesso, concluso da un tale partito e in tali circostanze, sia stato assolutamente giusto, è cosa che diviene ogni giorno più chiaro ed evidente per tutti.
41)I menscevichi e i socialisti rivoluzionari in Russia (come pure, nel 1914-1920, tutti i capi della II Internazionale in tutto il mondo) incominciarono con il tradimento, quando giustificarono direttamente o indirettamente, la “difesa della patria”, cioè la difesa della propria rapace borghesia. Essi hanno continuarono nel tradimento quando sentrarono in coalizione con la borghesia del proprio paese e lottarono insieme alla propria borghesia, contro il proletariato rivoluzionario del proprio paese. Il blocco che essi formarono in Russia prima con Kerensky e i cadetti, poi con Kolciak e Denikin, come pure il blocco formato all’estero dai loro consimili con le borghesie dei rispettivi paesi, fu un passaggio nel campo della borghesia contro il proletariato. Dal principio alla fine, il loro compromesso con i banditi dell’imperialismo è consistito in questo, che essi si sono resi complici del banditismo imperialista.
5. Il comunismo “di sinistra” in Germania. I capi, il partito, la classe, le masse
42)I comunisti tedeschi dei quali ora dobbiamo parlare, non chiamano se stessi comunisti “di sinistra”, ma -se non erro- “opposizione di principio”. Però, dalla seguente esposizione, si vedrà che essi presentano tutti i sintomi dell’ “estremismo malattia infantile del comunismo”.
43)Un piccolo opuscolo che difende il punto di vista di questa opposizione, intitolato “La scissione nel Partito comunista tedesco (nella lega degli spartachiani), edito dal “Gruppo locale di Francoforte sul Meno”, espone con grandissimo rilievo, precisione, chiarezza e brevità la sostanza delle idee di questa opposizione. Alcune citazioni basteranno per far conoscere al lettore questa sostanza:
44)”Il partito comunista è il partito della più risoluta lotta di classe…” “…Politicamente, questo periodo di transizione (tra il capitalismo e il socialismo) è il periodo della dittatura proletaria…” “Si presenta la questione: chi deve esercitare la dittatura? Il partito comunista o la classe operaia?… Si deve, in linea di principio, aspirare alla dittatura del partito comunista, o a quella della classe proletaria?!!…”(Il corsivo in tutta la citazione è riprodotta dall’opuscolo).
Più oltre il “Comitato centrale” del Partito comunista della Germania viene accusato dall’autore dell’opuscolo di cercare le vie di una coalizione col Partito socialdemocratico indipendente della Germania, e di porre “la questione del riconoscimento di principio di tutti i mezzi politici” di lotta, compreso il parlamentarismo, soltanto per mascherare le sue principali ed effettive aspirazioni a una coalizione con gli “indipendenti”. E l’opuscolo continua:
45)”L’opposizione ha scelto un’altra strada. Essa sostiene che la questione del dominio del partito comunista e della dittatura del partito, è soltanto un questione di tattica. In ogni caso il dominio del partito comunista è l’ultima forma di ogni dominio di partito. Per principio si deve aspirare alla dittatura della classe proletaria. E tutte le decisioni del partito, la sua organizzazione, le sue forme di lotta, la sua strategia e tattica si devono adeguare a ciò. Conformemente a questo, bisogna respingere decisamente qualsiasi compromesso con altri partiti, qualsiasi ritorno alle forme di lotta del parlamentarismo, che sono storicamente e politicamente superate, ogni politica di destreggiamento e di accordi”. “I metodi specificamente proletari della lotta rivoluzionaria devono essere sottolineati con maggior forza. Ma per attrarre i più larghi circoli e strati proletari, che devono intervenire nella lotta rivoluzionaria sotto la guida del partito comunista, bisogna creare nuove forme di organizzazione sulla base più ampia e nella cornice più vasta. Questo punto di raccolta di tutti gli elementi rivoluzionari è la lega operaia costituita sulla base delle organizzazioni di fabbrica. In essa devono unirsi tutti gli operai che seguono la parola d’ordine: fuori dai sindacati! Qui il proletariato combattente si schiererà nelle più vaste formazioni di battaglia. Il riconoscimento della lotta di classe, del sistema dei Soviet e della dittatura è sufficiente per entrare nella lega operaia. Tutta l’ulteriore educazione politica delle masse combattenti e l’orientamento politico nella lotta è compito del partito comunista, il quale sta fuori della lega operaia…
46)”…In conseguenza, due partiti comunisti stanno ora di fronte: l’uno è un partito di capi, il quale si sforza di organizzare la lotta rivoluzionaria e di dirigerla dall’alto, arrivando a compromessi e al parlamentarismo, per creare situazioni tali che permettano ai capi di entrare in un governo di coalizione, nelle mani del quale si troverebbe la dittatura.
“l’altro è il partito delle masse, il quale, aspettando l’ascesa della lotta rivoluzionaria dal basso, conosce e adotta per questa lotta soltanto un unico metodo, che conduce dritto allo scopo, e respinge tutti i metodi parlamentari e opportunistici. Questo unico metodo è il metodo del rovesciamento incondizionato della borghesia per istituire quindi la dittatura proletaria di classe, per la realizzazione del socialismo…
“…Là, dittatura dei capi; qui dittatura delle masse! Tale è la nostra parola d’ordine”.
Queste sono le tesi essenziali che caratterizzano le idee dell’opposizione del Partito comunista tedesco.
Ogni bolscevico che abbia coscientemente partecipato allo sviluppo del bolscevismo dal 1903 in poi, o l’abbia osservato da vicino, leggendo questi ragionamenti dirà subito: ”che robaccia vecchia e arcinota! Che bambinate “di sinistra”!!”
Ma esaminiamo più da vicino i ragionamenti che abbiamo citato.
47)Il solo fatto di porre il dilemma “dittatura del partito oppure dittatura della classe? Dittatura (partito) dei capi oppure dittatura (partito) delle masse?”, attesta una incredibile e irrimediabile confusione di idee. Questa gente si sforza di escogitare qualche cosa del tutto speciale, ma diventa ridicola nella sua zelante sofisticheria. Tutti sanno che le masse si dividono in classi; che si possono contrapporre le masse e le classi soltanto quando si contrapponga l’immensa maggioranza generica, non articolata in base al posto occupato nell’ordinamento sociale della produzione, alle categorie che occupano un posto speciale nell’ordinamento sociale della produzione; che le classi sono dirette di solito e nella maggior parte dei casi, almeno nei paesi civili moderni, da partiti politici; che i partiti politici, come regola generale, sono diretti da gruppi più o meno stabili di persone rivestite di maggiore autorità, dotate di influenza e di esperienza maggiori, elette ai posti di maggior responsabilità, e chiamate capi. Tutto ciò è elementare. Tutto ciò è semplice chiaro. Che bisogno c’era di sostituirlo con un gergo incomprensibile, con un nuovo volapuk [lingua artificiale universale]? Da un lato, è evidente che costoro sono caduti nella confusione quando sono venuti a trovarsi in una situazione difficile, nella quale il rapido mutamento di una posizione legale e illegale del partito turba il rapporto solito, normale e semplice tra capi, partiti e classi. In Germania, come negli altri paesi europei, ci si è troppo abituati alla legalità, alla libera e regolare elezione dei “capi” mediante regolari congressi di partito, al comodo controllo della composizione di classe dei partiti mediante le elezioni al Parlamento, le assemblee, la stampa, l’orientamento dei sindacati e di altre leghe, ecc. Quando, da tale consuetudine, per causa del corso tempestoso della rivoluzione e dello sviluppo della guerra civile, si è dovuto rapidamente passare all’avvicendamento della legalità e della illegalità, alla combinazione dell’una e dell’altra, a metodi “incomodi” e “non democratici” di selezione o formazione o conservazione dei “gruppi di capi”, costoro si sono smarriti e hanno incominciato a tirar fuori sciocchezze madornali. Verosimilmente alcuni membri del Partito comunista olandesi [i “tribunisti” comunisti olandesi, dalla testata de loro giornale “De Tribune”] che ebbero la sventura di nascere in un piccolo paese, con le tradizioni e le condizioni di una posizione legale particolarmente privilegiata e particolarmente stabile, uomini che non avevano mai visto avvicendarsi situazioni legali e illegali, si sono confusi e smarriti loro stessi e hanno contribuito a tali assurde invenzioni.
D’altra parte, si nota semplicemente un uso assolutamente irriflessivo e incoerente delle parole che sono “di moda” ai nostri giorni, circa le “masse” e i “capi”. Quella gente ha sentito molte volte e ha tenuto a mente gli attacchi contro i “capi”, la contrapposizione dei “capi” alle “masse”, ma non ha saputo riflettere e venire in chiaro della cosa.
48)Il contrasto tra i “capi” e le “masse” si è manifestato in tutti i paesi con particolare chiarezza ed acutezza alla fine della guerra imperialista e dopo di essa. Marx ed Engels avevano spiegato molte volte le cause profonde di questo fenomeno, negli anni 1852-1892, con l’esempio dell’Inghilterra. La posizione monopolistica dell’Inghilterra separò dalla “massa” un’ “aristocrazia operaia”, a metà piccolo/borghese, opportunista. I capi di questa aristocrazia operaia passavano continuamente dalla parte della borghesia, erano mantenuti da questa, direttamente o indirettamente. Marx si guadagnò l’onorifico odio di questi farabutti, bollandoli apertamente come traditori. Il più recente imperialismo (del ventesimo secolo) ha creato per alcuni paesi avanzati una situazione privilegiata e monopolistica, e su questo terreno è comparso dappertutto, nella II Internazionale, il tipo dei capi traditori, opportunisti, socialsciovinisti, che difendono gli interessi della loro corporazione, del loro strato di aristocrazia operaia. Si è prodotto un distacco dei partiti opportunisti dalle “masse”, cioè dagli strati più estesi dei lavoratori, dalla loro maggioranza, dagli operai peggio pagati. La vittoria del proletariato rivoluzionario è impossibile senza lottare contro questo male, senza smascherare, svergognare e scacciare i capi opportunisti e social/traditori: questa è la politica fatta dalla III Internazionale.
49)Giungere, per questo motivo, fino a contrapporre, i linea generale la dittatura delle masse alla dittatura dei capi, è una assurda e ridicola sciocchezza. E’ particolarmente buffo vedere che, di fatto, al posto dei vecchi capi, i quali hanno delle idee comuni sulle cose semplici, si mettono avanti (protetti dalla parla d’ordine:”Abbasso i capi”) dei nuovi capi, che dicono assurdità e incongruenze inverosimili. Tali sono in Germania Lauffenberg, Wolffheim, Horner, Karl Schroder, Friedrich Wendell, Carlo Erler. I tentativi di quest’ultimo di “approfondire” la questione e in generale di proclamare l’inutilità e il “carattere borghese” dei partiti politici, sono le colonne d’Ercole dell’assurdo, roba da far cadere le braccia. Qui si vede un realtà come, da un piccolo errore, si può sempre arrivare a un errore madornale, se vi si insiste, se lo si vuol motivare profondamente, se lo si “spinge fino in fondo”.
50)La negazione del partito e della disciplina di partito: ecco il risultato al quale è giunta l’opposizione. E ciò equivale al completo disarmo del proletariato a favore della borghesia. Ciò equivale appunto a quella dispersione, a quella incostanza, a quella incapacità di star saldi, di essere uniti, di coordinare le azioni, che sono proprie della piccola borghesia e che rovinano inevitabilmente ogni movimento rivoluzionario del proletariato se vengono trattate con indulgenza. Dal punto di vista del comunismo, negare la necessità del partito, significa voler saltare dalla vigilia del crollo del capitalismo (in Germania), non alla fase più bassa o a quella media, ma alla fase superiore del comunismo. Noi in Russia (nel terzo anno dopo l’abbattimento della borghesia) muoviamo i primi passi sulla via che va dal capitalismo al socialismo, ossia alla fase inferiore del comunismo. Le classi sono rimaste e rimarranno in vita ancora per anni, dappertutto, anche dopo la conquista del potere da parte del proletariato. Può darsi che questo termine sia più breve in Inghilterra, dove non ci sono i contadini (ma ci sono tuttavia i piccoli produttori!). Sopprimere le classi non significa soltanto cacciare i proprietari fondiari e i capitalisti, -ciò che noi abbiamo fatto con relativa facilità- ma vuol dire eliminare i piccoli produttori di merci, che è impossibile cacciare, impossibile schiacciare, con i quali bisogna trovare un’intesa, che si possono (e si devono) trasformare, rieducare solo con un lavoro di organizzazione molto lungo, molto lento e molto prudente. Essi circondano il proletariato, da ogni parte, di un ambiente piccolo borghese, lo penetrano di questo ambiente, lo corrompono, spingono continuamente il proletariato a ricadere nella mancanza di carattere, nella dispersione, nell’individualismo, nelle alternative di entusiasmo e di abbattimento, che sono proprie della piccola borghesia. Occorre la più severa centralizzazione e disciplina in seno al partito politico del proletariato per controbattere questi difetti, perché il proletariato adempia giustamente, con buon successo, vittoriosamente, la funzione organizzatrice (che è la sua funzione capitale). La dittatura del proletariato è una lotta tenace, cruenta e incruenta, violenta e pacifica, militare ed economica, pedagogica e amministrativa, contro le forze e le tradizioni della vecchia società. La forza dell’abitudine di milioni e decine di milioni di uomini è la più terribile delle forze. Senza un partito di ferro, temprato nella lotta, senza un partito che goda la fiducia di tutto quanto vi è di onesto nella sua classe, senza un partito che sappia interpretare lo stato d’animo delle masse e influire su di esso, è impossibile condurre a buon fine una lotta simile. Vincere la grande borghesia centralizzata è mille volte più facile che “vincere” milioni e milioni di piccolo padroni, i quali, mediante la loro attività quotidiana, continua, non appariscente, impercettibile, disgregatrice, pervengono a quei medesimi risultati che sono necessari alla borghesia e che portano alla restaurazione della borghesia. Chi indebolisce, sia pur di poco, la disciplina ferrea del partito del proletariato (soprattutto durante la dittatura del proletariato), aiuta di fatto la borghesia contro il proletariato.
51)Accanto al problema dei capi, del partito, della classe, delle masse, si deve porre il problema dei sindacati “reazionari”. Ma prima mi permetto ancora alcune osservazioni conclusive, sulla base delle esperienze del nostro partito. Attacchi contro la “dittatura dei capi” ce ne sono stati sempre nel nostro partito: ricordo i primi attacchi nel 1895,quando il partito non esisteva ancora formalmente, ma il gruppo centrale cominciava già a formarsi a Pietroburgo e doveva incaricarsi della direzione dei gruppi distrettuali. Al IX Congresso del nostro partito (aprile 1920), ci fu una piccola opposizione, che parlò anch’essa contro la “dittatura dei capi”, contro l’ “oligarchia”, ecc. Quindi nella “malattia infantile” del “comunismo di sinistra” fra i tedeschi non c’è nulla di strano, nulla di nuovo, nulla di terribile. E’ una malattia che passa senza pericolo, e dopo di essa l’organismo diviene perfino più forte. D’ altra parte, il rapido avvicendamento del lavoro legale e illegale, al quale era connessa la necessità di “nascondere” in modo particolare, di rendere particolarmente introvabili proprio lo Stato Maggiore, proprio i capi, ha prodotto talvolta, da noi, fenomeni estremamente pericolosi. Il peggiore di questi avvenne nel 1912, quando un provocatore, Malinovski, entrò nel Comitato centrale dei bolscevichi. Egli denunciò decine e decine di compagni fra i migliori e i più devoti, facendo prendere loro la via della galera e affrettando la morte di parecchi. Se costui non causò danni ancor maggiori, fu soltanto perché, da noi, la combinazione del lavoro legale e illegale era bene organizzata. Per guadagnarsi la nostra fiducia, Malinovski, come membro del Comitato centrale del partito e come deputato della Duma, doveva aiutarci a pubblicare giornali quotidiani legali, i quali, anche sotto lo zarismo, sapevano condurre la lotta contro l’opportunismo dei menscevichi e propagandare i principi del bolscevismo in forma opportunamente mascherata. Mentre con una mano mandava in galera e alla morte decine e decine dei migliori bolscevichi, Mlinovski doveva contribuire con l’altra mano a formare, per mezzo della stampa legale, decine e decine di migliaia di nuovi bolscevichi. Su questo fatto non farebbero male a riflettere quei compagni tedeschi (e anche inglesi e americani, francesi e italiani), che ora hanno davanti a sé il compito di imparare a svolgere un lavoro rivoluzionario nei sindacati reazionari. 

*Malinovski fu prigioniero di guerra in Germania. Quando tornò in Russia durante il governo dei bolscevichi, fu subito consegnato al tribunale e fucilato dai nostri operai. I menscevichi ci avevano attaccato con grande malignità per il nostro errore…Ma quando noi, sotto Kerenski, esigemmo l’arresto del presidente della Duma, Rodzianko, e un processo contro di lui perché era a conoscenza dell’attività di provocazione di Malinovski e non l’aveva comunicato , (i menscevichi) non ci appoggiarono e Rodzianko, rimasto in libertà, riuscì facilmente a ragginugere Denikin.(nota di Lenin)

52)In molti paesi, compresi anche i paesi più progrediti, la borghesia fa penetrare e farà penetrare indubbiamente molti provocatori nelle file dei partiti comunisti. Uno dei mezzi per lottare contro questo pericolo è una intelligente combinazione del lavoro legale e illegale.

6. I rivoluzionari devono lavorare nei sindacati reazionari?
53)I “sinistri” tedeschi, da parte loro, considerano come cosa per loro decisa una risposta incondizionatamente negativa a questa domanda. Secondo loro, bastano le declamazioni e le esclamazioni di sdegno contro i sindacati “reazionari” e ” controrivoluzionari” (ciò risulta in modo specialmente “solido” e specialmente sciocco in Karl Horner) per “dimostrare” che il lavoro dei rivoluzionari, dei comunisti nei sindacati gialli, socialsciovinisti, collaborazionisti, fautori di Legien, controrivoluzionari, è inutile e anzi inammissibile.
54)Ma, per quanto i “sinistri” tedeschi siano persuasi che questa tattica è rivoluzionaria, essa in realtà è radicalmente falsa e non è fatta di altro che di frasi vuote.
Per spiegare questo, voglio incominciare con la nostra esperienza, in conformità col piano generale del presente scritto, che ha lo scopo di applicare all’Europa occidentale ciò che nella storia del bolscevismo e nella sua tattica presente è applicabile, valevole, obbligatorio per tutti i paesi.
55)I rapporti fra i capi, partito, classe, masse e altresì la posizione della dittatura del proletariato e del partito proletario verso i sindacati, si presentano oggi, da noi, nella seguente forma concreta: la dittatura viene realizzata dal proletariato organizzato nei Soviet e diretto dal Partito comunista dei bolscevichi che, secondo i dati dell’ultimo congresso del partito (aprile 1920), conta 611mila iscritti. Il numero degli iscritti oscillò molto fortemente prima della Rivoluzione d’Ottobre e dopo di essa; anteriormente -anche nel 1918 e 1919- era notevolmente minore. Noi temiamo un eccessivo aumento del partito perché in un partito che è al governo tentano inevitabilmente di insinuarsi arrivisti e avventurieri che meritano soltanto di essere fucilati. L’ultima volta abbiamo spalancato le porte del partito -soltanto agli operai e ai contadini- nei giorni (inverno 1919) in cui Iudenic si trovava a poche verste da Pietrogrado e Denikin si trovava a Oriol (a circa 350 verste da Mosca), cioè quando un pericolo disperato e mortale minacciava la Repubblica sovietica, e quando avventurieri, arrivisti e scrocconi e in generale uomini malsicuri non potevano affatto contare, unendosi ai comunisti, su una carriera vantaggiosa (ma potevano piuttosto attendersi la forca e le torture). Il partito, che convoca ogni anno i suoi congressi (all’ultimo partecipò un delegato ogni mille iscritti), è diretto da un Comitato centrale eletto dal congresso e composto di 19 persone. Il lavoro corrente è sbrigato a Mosca da due collegi ancor più ristretti, cioè dal cosiddetto “Orgburò” (Ufficio di organizzazione) e dal “Politburò” (Ufficio politico) che vengono eletti in seduta plenaria dal Comitato centrale e sono composti ciascuno di cinque membri del Comitato centrale. Ne risulta quindi una vera e propria “oligarchia”. Nella nostra repubblica nessuna importante questione politica o di organizzazione viene mai decisa da un’istituzione di Stato senza le direttive del Comitato centrale del partito.
56)Il partito si appoggia nel suo lavoro direttamente sui sindacati, che oggi, secondo i dati dell’ultimo congresso (aprile 1920), contano più di 4 milioni di iscritti, e formalmente sono senza partito. Di fatto, tutti gli organi direttivi dell’immensa maggioranza delle leghe, e in prima linea del Centro o Ufficio sindacale pan/russo (consiglio centrale pan/russo dei sindacati), sono composti di comunisti ed applicano tutte le direttive del partito. Si ha in definitiva un apparato formalmente non comunista, flessibile e relativamente ampio, molto potente, proletario, mediante il quale il partito è strettamente collegato alla classe e alle masse e attraverso il quale, sotto la direzione del partito, si realizza la dittatura della classe. Senza il più stretto contatto con i sindacati, senza il loro entusiastico appoggio, senza il loro lavoro pieno di abnegazione per la costruzione non soltanto economica, ma anche militare, noi non avremmo certo potuto governare il paese e realizzare la dittatura, non dico durante due anni, ma neppure durante due mesi. S’intende che questo strettissimo contatto implica nella pratica un lavoro molto complicato e vario: propaganda, agitazione, riunioni tempestive e frequenti, non soltanto con i dirigenti, ma anche in generale con i membri attivi e influenti dei sindacati, lotta risoluta contro i menscevichi che fino ad ora dispongono di un certo numero, benché molto piccolo, di fautori e li inducono a servirsi di tutte le possibile insidie controrivoluzionarie, a cominciare dalla difesa ideologica della democrazia (borghese) e della propaganda dell’ “indipendenza” dei sindacati (indipendenza dal potere statale proletario!), per finire con il sabotaggio della disciplina proletaria, ecc., ecc.
57)Noi non riteniamo sufficiente il contatto con le “masse” per mezzo dei sindacati. La pratica ha creato presso di noi, nel corso della rivoluzione, un’altra istituzione, le conferenze di operai e contadini senza partito, che noi ci adoperiamo in tutti i modi di appoggiare, sviluppare e allargare, per seguire la disposizione d’animo della masse, avvicinarsi ad esse, rispondere ai quesiti che ci pongono, scegliere in mezzo ad esse i migliori lavoratori per i posti governativi,ecc. In uno degli ultimi decreti col quale si trasforma il Commissariato del Popolo per il Controllo statale in “Ispezione operaia e contadina”, si conferisce a tali conferenze di senza partito il diritto di scegliere i membri del Controllo Statale per ispezioni di varia specie,ecc.
58)Inoltre, s’intende, tutto i lavoro del partito si svolge attraverso i Soviet, che raggruppano le masse lavoratrici senza distinzione di professione. I congressi circondariali dei Soviet sono un’istituzione così democratica che non ha avuto e non ha ancora riscontro nelle migliori fra le repubbliche democratiche del mondo borghese, e per mezzo di questi congressi (che il partito si sforza di seguire con la massima attenzione), come pure con l’invio continuo di operai coscienti nei villaggi con svariati incarichi, viene realizzata la funzione direttiva del proletariato in riguardo ai contadini, viene realizzata la dittatura del proletariato urbano, la lotta sistematica contro i contadini ricchi, borghesi, sfruttatori e speculatori, ecc.
59)Tale è il meccanismo generale del potere statale proletario, osservato “dall’alto”, dal lato della realizzazione pratica della dittatura. Si può sperare che il lettore comprenda perché al bolscevismo russo, che conosce questo meccanismo e lo ha visto svilupparsi durante venticinque anni dai circoli clandestini, piccoli, illegali, tutte le chiacchiere sul tema: “dall’ alto” o ” dal basso”, dittatura dei capi o dittatura delle masse,ecc., non possono non sembrare scempiaggini ridicole e puerili, simili a una discussione per sapere se all’uomo sia più utile la gamba sinistra o il braccio destro.[Lenin scrive nel 1920, durante il “comunismo di guerra”. Sul problema dei sindacati si era accesa nel PC(b) una violenta lotta fra frazioni. Varie tendenze miravano a creare contrapposizioni fra Sindacati e Partito e tra Sindacati e Stato sovietico, col pericolo dell’anarchia nei vertici della società sovietica. Nel X Congresso del PC(b) (8-16 marzo 1921) oltre al passaggio alla NEP si decise di vietare nel partito l’organizzazione di correnti o frazioni.]
60)Scempiaggini altrettanto ridicole e puerili non possono non sembrare a noi anche le chiacchiere, estremamente dotte e terribilmente rivoluzionarie, dei “sinistri” tedeschi i quali affermano che i comunisti non possono e non devono lavorare nei sindacati reazionari, che è lecito rinunciare a questo lavoro, che bisogna uscire dai sindacati e creare assolutamente una “lega operaia” del tutto nuova, pura, escogitata da comunisti molto simpatici ( e per la maggior parte, verosimilmente, molto giovani), ecc.,ecc.
61)Il capitalismo lascia inevitabilmente in eredità al socialismo, da una parte, le vecchie distinzioni professionali e corporative fra gli operai, distinzioni che si sono stabilite attraverso i secoli; e, dall’altra parte, i sindacati, che possono svilupparsi e si svilupperanno soltanto con molta lentezza, nel corso di molti anni, in sindacati di produzione più larghi e meno corporativistici (che abbracciano interi rami di produzione e non soltanto una corporazione, un mestiere, una professione). In seguito, per mezzo di tali sindacati di produzione, si passerà alla soppressione della divisione del lavoro tra gli uomini, all’educazione, istruzione, preparazione di uomini sviluppati e preparati in tutti i sensi, di uomini capaci di far tutto. A ciò tende il comunismo; a questo deve tendere e arriverà, ma soltanto dopo un lungo periodo di anni. Tentare oggi di anticipare praticamente questo futuro risultato del comunismo pienamente sviluppato, pienamente consolidato e formato, completamente florido e maturo, è come voler insegnare la matematica superiore a un bambino di quattro anni.
62)Noi possiamo (e dobbiamo) incominciare a costruire i socialismo non con un materiale umano fantastico e creato appositamente da noi, ma con il materiale che il capitalismo ci ha lasciato in eredità. Ciò è senza dubbio molto “difficile”. Ma ogni altro modo di affrontare il compito è così poco serio, che non vale la pena di parlarne.
63)I sindacati, al principio dello sviluppo del capitalismo, furono un gigantesco progresso per la classe operaia, in quanto rappresentarono il passaggio dalla dispersione e dall’ impotenza degli operai ai primi germi dell’unione di classe. Quando incominciò a svilupparsi la forma suprema dell’unione di classe dei proletari, il partito rivoluzionario del proletariato (il quale non sarà degno del suo nome finché non imparerà ad unire i capi con la classe e con le masse, in un sol tutto, in qualche cosa di inscindibile), i sindacati incominciarono inevitabilmente a rivelare alcuni tratti reazionari, un certo angusto spirito corporativo, una certa propensione all’apoliticismo, una certa fossilizzazione, ecc. Ma il proletariato, in nessun paese del mondo, non si è sviluppato, né poteva svilupparsi altrimenti che per mezzo dei sindacati, per mezzo dell’azione reciproca tra sindacati e partito della classe operaia. La conquista del potere politico da parte del proletariato è un gigantesco passo innanzi che il proletariato, come classe, ha compiuto, e il partito deve ancor più, in una forma nuova e non soltanto come prima, educare i sindacati e dirigerli, senza però dimenticare, nel tempo stesso, che essi sono, e per molto ancora resteranno, una necessaria “scuola di comunismo” e una scuola preparatoria per la realizzazione, da parte dei proletari, della loro dittatura; una unione necessaria degli operai per il graduale passaggio dell’amministrazione di tutta l’economia del paese nelle mani della classe operaia (e non di singole professioni), e quindi nelle mani di tutti i lavoratori.
64)Un certo “spirito reazionario” dei sindacati, nel senso citato, è inevitabile durante la dittatura del proletariato. Non comprendere questo significa non capire niente delle condizioni fondamentali per il passaggio dal capitalismo al socialismo. Temere questo “spirito reazionario”, tentare di cavarsela senza di esso, di saltare oltre, è la maggiore delle sciocchezze, perché significa temere la funzione dell’avanguardia proletaria, che consiste appunto, nell’istruire, nell’illuminare, nell’educare, nell’attrarre gli strati e le masse più arretrate della classe operaia e dei contadini a una nuova vita. D’altra parte, sarebbe un errore ancora più grave differire la realizzazione della dittatura del proletariato, finché non resti più un solo operaio che dimostri grettezza professionale, un solo operaio con pregiudizi corporativistici e tradunionisti. L’arte dell’uomo politico (e la giusta concezione del proprio compito da parte di un comunista) consiste appunto nel valutare giustamente le condizioni e il momento in cui l’avanguardia del proletariato può, con buon successo, prendere il potere, in cui essa può ottenere, per la presa del potere e dopo la presa del potere, un sufficiente appoggio di strati abbastanza vasti della classe operaia e delle masse lavoratrici non proletarie, in cui, dopo di ciò, essa riuscirà a mantenere il suo dominio, a rafforzarlo, a estenderlo per mezzo dell’educazione, dell’istruzione, della conquista di masse sempre più numerose di lavoratori.
65)Proseguiamo. Nei paesi più avanzati della Russia, un certo reazionarismo dei sindacati si è manifestato, e doveva senza dubbio manifestarsi, molto più fortemente che da noi. Da noi, i menscevichi ebbero un appoggio nei sindacati (e in parte l’ hanno ancora oggi in pochissimi sindacati) appunto in conseguenza della grettezza corporativistica, dell’egoismo e dell’opportunismo professionale. In Occidente, i menscevichi di colà si sono “annidati” molto più solidamente nei sindacati; là si è formato uno strato, molto più forte che da noi, di “aristocrazia operaia” corporativistica, gretta, egoista, sordida, interessata, piccolo borghese, di mentalità imperialista, asservita e corrotta dall’imperialismo. Ciò è incontestabile. La lotta contro i Gombers, contro i signori Jouhaux, Enderson, Merrheim, Legien e compagni nell’Europa occidentale è incomparabilmente più difficile della lotta contro i nostri menscevichi, i quali rappresentano un tipo sociale e politico del tutto analogo. Questa lotta deve essere condotta senza pietà e, come noi abbiamo fatto, deve essere necessariamente continuata fino a coprire di vergogna, fino a estirpare completamente dai sindacati tutti i capi incorreggibili dell’opportunismo e del social/sciovinismo. Non si può conquistare il potere politico (e non si deve tentare di prenderlo) fino a quando tale lotta non sia stata portata a un certo grado, e questo “certo grado” non sarà lo stesso nei diversi paesi e in circostanze diverse; e soltanto dei dirigenti politici del proletariato, riflessivi, competenti ed esperti, possono determinarlo esattamente in ogni singolo paese. (Come criterio del successo in questa lotta, servirono presso di noi, fra l’altro, le lezioni all’Assemblea costituente nel novembre 1917, pochi giorni dopo la rivoluzione proletaria del 25 ottobre 1917. In queste elezioni i menscevichi furono sbaragliati, avendo ottenuto 0,7 milioni di voti -1,4 milioni con la Transcaucasia- contro i 9 milioni di voti raccolti dai bolscevichi; si veda il mio articolo: “le elezioni per l’assemblea costituente e la dittatura del proletariato, nel n.7-8 dell’Internazionale Comunista”).
66)Ma noi conduciamo la lotta contro l’ “aristocrazia operaia” in nome delle masse operaie e per attrarre queste masse dalla nostra parte; conduciamo la lotta contro i capi opportunisti e socialsciovinisti per attrarre dalla nostra parte la classe operaia. Dimenticare questa verità elementarissima ed evidentissima, sarebbe stolto. E una stoltezza simile commettono appunto i comunisti tedeschi “di sinistra”, i quali dal carattere reazionario e contro rivoluzionario delle alte sfere dei sindacati traggono la conclusione che…bisogna uscire dai sindacati!! Rinunciare al lavoro nel loro seno!! Creare forme nuove, bellamente escogitate dell’organizzazione operaia!! E’ una sciocchezza imperdonabile, e sarebbe il maggior servizio che i comunisti possano rendere alla borghesia. Giacché i nostri menscevichi, come pure tutti i capi opportunisti, socialsciovinisti, kautskiani dei sindacati non sono niente altro che “agenti della borghesia nel movimento operaio” (come noi abbiamo sempre detto contro i menscevichi), ossia “commessi della classe capitalista nel campo operaio ” secondo la bella espressione, profondamente giusta, dei seguaci di Daniel de Leon in America. Non lavorare in seno ai sindacati reazionari, significa abbandonare le masse operaie arretrate o non abbastanza sviluppate all’influenza dei capi reazionari, degli agenti della borghesia, dell’aristocrazia operaia, ossia degli “operai imborghesiti” (cfr.Engel, lettera del 1852 a Marx a proposito degli operai inglesi [Carteggio,vol. II].
67)Appunto la balorda “teoria” della non partecipazione dei comunisti ai sindacati reazionari mostra nel modo più chiaro con quanta leggerezza questi comunisti “di sinistra” affrontino la questione dell’influenza sulle “masse” e quale abuso facciano nei loro sproloqui della parola “masse”. Per sapere aiutare le “masse” e guadagnarsi la simpatia, l’adesione e l’appoggio delle “masse”, non si devono temere le difficoltà, gli intrighi, le offese, le persecuzioni da parte dei “capi” (i quali, come opportunisti e socialsciovinisti, nella maggior parte dei casi sono legati direttamente o indirettamente con la borghesia e con la polizia), e lavorare ad ogni costo là dove sono le masse. Bisogna saper sopportare qualsiasi sacrificio, saper superare i maggiori ostacoli per svolgere una propaganda e una agitazione sistematiche, tenaci, costanti, pazienti proprio nelle istituzioni, nelle società, nelle leghe -anche nelle più reazionarie- dovunque si trovino delle masse proletarie o semi proletarie. E i sindacati e le cooperative operaie (queste ultime almeno talvolta) sono appunto le organizzazioni nelle quali si trovano le masse. In Inghilterra il numero degli iscritti alle trade unions, secondo i dati del giornale svedese Folkets Dagblad Politiken (del 10 marzo 1920), dalla fine del 1917 alla fine del 1918 è salito da 5,5 a 6,6 milioni, cioè è aumentato del 19%. Alla fine del 1919 si calcola a 7 milioni e mezzo. Non ho sottomano i dati corrispondenti per la Francia e per la Germania, ma i fatti che attestano il grande aumento del numero degli iscritti ai sindacati in questi paesi, sono assolutamente incontestabili e universalmente noti.
68)Questi fatti dicono in modo lampante ciò che è confermato da mille altri indizi: lo sviluppo della coscienza di classe e la tendenza all’organizzazione precisamente nelle masse proletarie, negli strati “inferiori” e negli strati arretrati. Milioni di operai in Inghilterra, in Francia, in Germania, passano per la prima volta dalla completa assenza di organizzazione totale alla forma di organizzazione più elementare, inferiore, più semplice, più accessibile (per coloro che sono ancora imbevuti di pregiudizi democratici borghesi) e cioè ai sindacati -e i comunisti di sinistra, rivoluzionari ma irragionevoli, se ne stanno a guardare e gridano “le masse!” “le masse!” e rifiutano di lavorare in seno ai sindacati!! Rifiutano con il pretesto del “reazionarismo” dei sindacati!! Escogitano una nuova “Lega operaia” pura, monda di pregiudizi democratici borghesi, senza pecche corporativistiche e grettezze professionali, una “Lega operaia” che, dicono, sarà (sarà!) assai ampia e per entrare nella quale si porrà come condizione soltanto (soltanto!) il “riconoscimento del sistema dei Soviet e della dittatura” (si veda la citazione più sopra)!!
Non è possibile immaginare un ‘insensatezza maggiore, un maggior danno per la rivoluzione di quello che cagionano i rivoluzionari “di sinistra”! Se noi oggi, in Russa, dopo due anni e mezzo di vittorie senza precedenti sulla borghesia della Russia e dell’Intesa, ponessimo come condizione di ammissione nei sindacati il “riconoscimento della dittatura” faremmo una sciocchezza, comprometteremmo la nostra influenza sulle masse, faremmo il gioco dei menscevichi. Il compito dei comunisti consiste infatti tutto nel saper convincere i ritardatari, nel saper lavorare fra loro, nel non separarsi da loro con parole d’ordine “di sinistra” cervellotiche e puerili.
69)Non c’è dubbio che i signori Gompers, Henderson, Jouhuax, Legien siano molto riconoscenti a simili rivoluzionari “di sinistra” i quali, come l’opposizione tedesca “di principio” (ci guardi il cielo da tali “principi”!), o come alcuni rivoluzionari degli “Operai industriali del mondo” [organizzazione americana formatasi nel 1904. Nel congresso del 1908 prevalse l’orientamento avverso la lotta politica e parlamentare] americani, predicano l’uscita dai sindacati reazionari e il rifiuto di lavorare in essi. Non c’è dubbio che i signori “capi” dell’opportunismo ricorreranno a tutti gli stratagemmi della diplomazia borghese, all’ausilio dei governi borghesi, dei preti, della polizia, dei tribunali , per impedire ai comunisti di entrare nei sindacati, per scacciarli con tutti i mezzi, per rendere il loro lavoro nelle organizzazioni sindacali quanto più è possibile ingrato, per offenderli, vessarli e perseguitarli. Bisogna saper reagire a tutto questo, affrontare tutti i sacrifici e -in caso di bisogno- ricorrere anche ad ogni genere di astuzie, di furberie, di metodi illegali, alle reticenze, all’occultamento della verità, pur di introdursi nei sindacati, rimanere in essi, compiervi a tutti i costi un lavoro comunista. Sotto la zarismo, fino al 1905, noi non avevamo nessuna “possibilità legale”, ma quando Zubatov, funzionario della polizia segreta, organizzò riunioni operaie e società operaie del tipo dei cento neri per dar la caccia ai rivoluzionari e per lottare contro di essi, noi mandammo in quelle riunioni e in quelle società dei membri del nostro partito (io ricordo personalmente il compagno Babusckin, un eminente operaio di Pietroburgo, fucilato nel 1906 dai generali dello zar), i quali stabilirono il collegamento con la massa e riuscirono a svolgere la loro agitazione e strapparono gli operai all’influenza degli agenti di Zubatov. Naturalmente nell’Europa occidentale, che è particolarmente impregnata di pregiudizi legalitari, costituzionali, democratici borghesi, radicati in modo particolarmente forte, ciò è più difficile da realizzarsi. Ma può e deve essere fatto e fatto sistematicamente.

*I Gompers, gli Henderson, i Jouhaux, i Legien sono anch’essi degli Zubatov che si distinguono dai nostri Zubatov unicamente per l’abito europeo e la vernice europea, per i modi civili, raffinati, democraticamente agghindati di svolgere la loro vergognosa politica. (nota di Lenin).

70)Il Comitato esecutivo della III Internazionale deve, a mio avviso, condannare decisamente e proporre al prossimo Congresso dell’Internazionale Comunista di condannare in generale la politica della non partecipazione ai sindacati reazionari (con una motivazione particolareggiata dell’irragionevolezza di questa non partecipazione, e dell’estrema sua nocività per la causa della rivoluzione proletaria), e, in particolare di condannare la linea di condotta di alcuni membri del Partito comunista olandese [i tribunisti], i quali, poco importa se direttamente o indirettamente, se pubblicamente o di nascosto, se in tutto o in parte, hanno appoggiato questa falsa politica. La III Internazionale deve romperla con la tattica della II Internazionale e non eludere, non smorzare le questioni scottanti, ma sollevarle in tutta la loro asprezza. Tutta la verità è stata detta in faccia agli “indipendenti” (Partito socialdemocratico indipendente di Germania); tutta la verità bisogna dire in faccia ai comunisti “di sinistra”.
7. Si deve partecipare ai parlamenti borghesi?
71)I comunisti tedeschi “di sinistra”, con il massimo disprezzo e con la massima leggerezza, rispondono negativamente a questa domanda. I loro argomenti? Nella citazione riportata più sopra abbiamo letto: “bisogna rifiutare assolutamente qualsiasi ritorno alle forme di lotta del parlamentarismo, che sono storicamente e politicamente superate…”. Ciò è detto in tono presuntuoso fino al ridicolo ed è manifestamente falso. “Ritorno” al parlamentarismo! Ma che forse esiste già in Germania la Repubblica dei Soviet? Non sembra! Come dunque si può parlare di un “ritorno”? Non è questa una frase vuota?
72)Il parlamentarismo è “storicamente superato”. Ciò è esatto nel senso della propaganda. Ma ognuno sa che di qui a un superamento pratico c’è ancora molta distanza. Molti decenni fa con piena ragione si poteva già dire che il capitalismo era “storicamente superato”, ma ciò non elimina affatto la necessità di una lotta moto lunga e molto tenace sul terreno del capitalismo. Il parlamentarismo è “storicamente superato” nel senso della storia mondiale, vale a dire è finita l’epoca del parlamentarismo borghese ed è cominciata l’epoca della dittatura del proletariato. Questo è incontestabile. Ma su scala storica universale l’unità di misura sono i decenni. Dieci o venti anni prima, dieci o venti anni dopo, dal punto di vista della storia universale, non hanno importanza; sono un’inezia di cui non si può tener conto nemmeno in modo approssimativo. Ma appunto perciò è un gravissimo errore teorico valersi della scala storica mondiale nei problemi della politica pratica.
73)Il parlamentarismo è “politicamente superato”? Questa è un’altra questione. Se fosse così, la posizione dei “sinistri” sarebbe salda. Ma ciò deve essere dimostrato per mezzo di un’analisi accuratissima, e i “sinistri” non sanno nemmeno da che parte incominciare. Anche nelle “Tesi sul parlamentarismo”, che sono state pubblicate nel n.1 del “Bollettino dell’Ufficio Provvisorio di Amsterdam dell’Internazionale Comunista -febbraio 1920” e che evidentemente esprimono le idee della corrente olandese di “sinistra”, o della sinistra olandese, l’analisi, come vedremo, non vale un bel niente.
74)Anzitutto, i tedeschi della “sinistra”, come è noto, fin dal gennaio 1919, ritenevano il parlamentarismo “politicamente superato”, nonostante l’opinione di capi politici eminenti come Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. E’ noto che i “sinistri” hanno sbagliato. Basta questo per colpire alle radici la tesi secondo la quale il parlamentarismo sarebbe “politicamente superato”. I “sinistri” hanno l’obbligo di dimostrare perché mai il loro incontestabile errore di allora abbia cessato oggi di essere un errore. Essi non portano e non possono portare neppure l’ombra di una prova. L’atteggiamento di un partito politico verso i suoi errori è uno dei criteri più importanti e più sicuri per giudicare se esso è un partito serio, se adempie di fatto i suoi doveri verso la propria classe e verso le masse lavoratrici. Riconoscere apertamente un errore, scoprirne le cause, analizzare la situazione che lo ha generato, studiare attentamente i mezzi per correggerlo: questo è indizio della serietà di un partito; questo si chiama fare il proprio dovere, educare ed istruire la classe e, quindi, le masse. Quando i “sinistri” in Germania (e in Olanda) non compiono questo loro dovere, quando non procedono con estrema attenzione, diligenza, prudenza allo studio dei loro errori evidenti, essi dimostrano, precisamente con ciò, di non essere il partito della classe, ma un circolo; non il partito delle masse, ma un gruppo di intellettuali e di operai poco numerosi che riflettono i peggiori aspetti dell’intellettualismo.
75)In secondo luogo, nello stesso opuscolo del gruppo dei “sinistri di Francoforte”, dal quale abbiamo tolto le precedenti citazioni, leggiamo: “…Milioni di operai che seguono ancora la politica del centro [partito cattolico tedesco costituitosi nel 1870, costituzionale parlamentare, ma contrario a Bismark e alle sue leggi eccezionali antisocialiste. In seguito però appoggiò sostanzialmente la politica di guerra e la repressione degli spartachiani] (cioè del partito cattolico del Centro) sono controrivoluzionari: i proletari rurali forniscono le legioni delle truppe controrivoluzionarie” (p.3 dell’opuscolo sopra citato).
76)Si vede da ogni frase che ciò è detto in modo troppo enfatico ed esagerato. Ma il fatto fondamentale qui esposto è incontestabile e, riconoscendolo, i “sinistri” danno una prova particolarmente evidente del loro errore. Come dunque si può dire che “il parlamentarismo è politicamente superato”, se “milioni ” e “legioni” di proletari non soltanto sono per il parlamentarismo in genere, ma sono addirittura “controrivoluzionari”!? E’ evidente che in Germania il parlamentarismo non è ancora politicamente superato. E’ chiaro che i “sinistri” in Germania hanno scambiato il loro desiderio, la loro posizione ideologica e politica, per una realtà obiettiva. Questo è l’errore più pericoloso per dei rivoluzionari. In Russia, dove il giogo oltremodo barbaro e feroce dello zarismo ha prodotto per un periodo particolarmente lungo, e nelle forme più svariate, dei rivoluzionari di diverse tendenze, rivoluzionari ammirevoli per abnegazione, entusiasmo, eroismo, forza di volontà, in Russia abbiamo osservato molto da vicino questo errore dei rivoluzionari, lo abbiamo studiato con particolare attenzione, lo conosciamo molto bene, e quindi esso è per noi particolarmente visibile anche negli altri. Per i comunisti, in Germania, il parlamentarismo, si intende, è “politicamente superato”; ma si tratta precisamente di non ritenere ciò che è superato per noi come superato per la classe, per le masse. E appunto qui vediamo di nuovo che i “sinistri” non sanno ragionare, non sanno comportarsi come partito della classe, come partito delle masse. Voi siete in dovere di non scendere al livello delle masse, al livello degli strati arretrati della classe. Questo è incontestabile. Voi avete il dovere di dir loro l’amara verità. Voi avete il dovere di chiamare pregiudizi i loro pregiudizi democratici borghesi e parlamentari. Ma nello stesso tempo avete il dovere di considerare ponderatamente lo stato effettivo della coscienza e della maturità della classe tutta intera (e non soltanto della sua avanguardia comunista), di tutte quante le masse lavoratrici (e non soltanto di singoli elementi avanzati).
77)Anche se non “milioni” e “legioni”, ma semplicemente una minoranza abbastanza importante degli operai industriali segue i preti cattolici, e una minoranza importante dei lavoratori agricoli segue i proprietari terrieri e i contadini ricchi, ne consegue già in modo indubitabile che il parlamentarismo in Germania non è ancora superato politicamente, che la partecipazione alle elezioni parlamentari e alla lotta dalla tribuna parlamentare è obbligatoria per il partito del proletariato rivoluzionario, precisamente al fine di educare gli stati arretrati della propria classe, precisamente al fine di risvegliare e di illuminare le masse rurali, non evolute, oppresse, ignoranti. Finché voi non siete in grado di sciogliere il Parlamento borghese e le istituzioni reazionarie di ogni tipo, voi avete l’obbligo di lavorare nel seno di tali istituzioni appunto perché là vi sono ancora degli operai ingannati dai preti e dall’ambiente dei piccoli centri sperduti; altrimenti rischiate di essere soltanto dei chiacchieroni.
78)In terzo luogo, i comunisti “di sinistra” dicono un gran bene di noialtri bolscevichi. Talvolta viene proprio voglia di dire: lodateci di meno, penetrate di più la tattica dei bolscevichi, studiatela meglio! Noi abbiamo partecipato alle elezioni del Parlamento borghese della Russia, dell’Assemblea costituente nel settembre-novembre 1917. E’ stata giusta o non è stata giusta la nostra tattica? Se non è stata giusta, bisogna dirlo chiaramente e bisogna provarlo; ciò è necessario affinché il comunismo internazionale elabori una tattica giusta. Se è stata giusta, bisogna trarne certe conclusioni. Si intende che non si può neanche parlare di una parificazione delle condizioni della Russia con quelle dell’Europa occidentale. Ma nella questione specifica del significato dell’espressione “il parlamentarismo è politicamente superato”, è necessario tenere esatto conto della nostra esperienza, perché concetti come questi si trasformano troppo facilmente in frasi vuote se non si tiene conto delle esperienze concrete. Non avevamo noi, bolscevichi russi, nel settembre-novembre 1917, più di tutti i comunisti d’occidente, il diritto di ritenere il parlamentarismo politicamente superato in Russia? Naturalmente l’avevamo, poiché ciò che conta non è se i Parlamenti borghesi esistono da poco o da molto tempo, ma fino a qual punto le grandi masse lavoratrici siano pronte (ideologicamente, politicamente, praticamente) ad accettare il regime dei Soviet e a sciogliere con la forza il Parlamento democratico borghese (o a tollerarne lo scioglimento). Che in Russia, nel settembre-novembre 1917, la classe operaia delle città, i soldati e i contadini, in seguito a una serie di condizioni speciali, fossero straordinariamente preparati all’adozione del regime dei Soviet e allo scioglimento con la forza del più democratico dei Parlamenti borghesi, è un fatto storico assolutamente incontestabile e pienamente accertato. E tuttavia, i bolscevichi non hanno boicottato l’Assemblea costituente, ma hanno partecipato alle elezioni tanto prima quanto dopo la conquista del potere politico da parte del proletariato. Che queste elezioni abbiano dato risultati politici quanto mai preziosi (e di grande utilità per il proletariato), è un fatto che io oso sperare aver dimostrato nell’articolo succitato, analizzando particolareggiatamente i dati sulle elezioni all’Assemblea costituente in Russia.
79)Da ciò sgorga una conclusione assolutamente incontestabile: è dimostrato che ancora alcune settimane prima della vittoria della Repubblica dei Soviet, e anche dopo questa vittoria, la partecipazione a un Parlamento democratico borghese, non solo non nuoce al proletariato rivoluzionario, ma gli rende più facile dimostrare alle masse arretrate perché tali Parlamenti meritano di essere sciolti con la forza, rende più facile scioglierli con successo, rende più facile il “superamento politico” del parlamentarismo borghese. Non tener conto di questa esperienza e pretendere al tempo stesso di appartenere all’Internazionale comunista, la quale deve elaborare su scala internazionale la propria tattica (non come tattica strettamente e unilateralmente nazionale, ma appunto come tattica internazionale), significa commettere un gravissimo errore, e precisamente negare di fatto l’internazionalismo, pur riconoscendolo a parole.
80)Consideriamo ora gli argomenti degli “olandesi di sinistra” in favore della non partecipazione ai parlamenti. Citiamo la traduzione (dall’inglese) della più importante fra le soprammenzionate tesi “olandesi”, della quarta tesi: “Quando il sistema capitalistico di produzione è sconquassato e la società si trova in stato di rivoluzione, l’attività parlamentare perde gradatamente di importanza di fronte all’ azione delle masse stesse. Quando, in tali circostanze, il parlamento diventa centro e organo della controrivoluzione e, d’altra parte, la classe operaia forgia lo strumento del suo potere nella forma del Soviet, può anche diventare necessario rifiutare ogni e qualsiasi partecipazione all’attività parlamentare”.
81)La prima proposizione è manifestamente falsa, perché l’azione delle masse -come per esempio un grande sciopero- è sempre e non soltanto durante la rivoluzione o in una situazione rivoluzionaria, più importante dell’attività parlamentare. Quest’argomento, evidentemente privo di consistenza, falso storicamente e politicamente, dimostra soltanto, con particolare chiarezza, che i suoi autori non tengono in nessun conto l’esperienza di tutta l’Europa (quella francese negli anni precedenti le rivoluzioni del 1848 e del 1870, quella tedesca negli anni 1878-90, ecc.) né l’esperienza russa (si veda sopra) relativamente all’importanza della combinazione della lotta legale con la lotta illegale. Questo problema ha una immensa importanza sia generale che speciale, giacché in tutti i paesi civili e progrediti si avvicina rapidamente il tempo in cui tale combinazione diverrà, -e in parte è già divenuta- un obbligo sempre più stretto per il partito del proletariato rivoluzionario, in conseguenza del maturare e dell’avvicinarsi della guerra civile del proletariato contro la borghesia, in conseguenza delle furiose persecuzioni contro i comunisti da parte dei governi repubblicani e in genere dei governi borghesi, i quali violano la legalità in tutti i modi (l’esempio dell’America vale per tutti), ecc. Questa importantissima questione non è affatto compresa dagli olandesi e dai “sinistri” in genere.
82)La seconda proposizione è, anzitutto, storicamente falsa. Noi bolscevichi abbiamo partecipato ai Parlamenti più controrivoluzionari, e l’esperienza ha dimostrato che questa partecipazione è stata non soltanto utile ma anche necessaria al partito del proletariato rivoluzionario, appunto dopo la prima rivoluzione borghese in Russia (1905), per la preparazione delle seconda rivoluzione borghese (febbraio 1917), e poi della rivoluzione socialista (ottobre 1917). In secondo luogo, questa frase è illogica in modo sorprendente. Dal fatto che il Parlamento diventa organo e “centro” (in realtà esso non fu mai e non può essere il “centro”) della controrivoluzione, e che gli operai creano lo strumento del loro potere nella forma dei Soviet, ne consegue che gli operai devono prepararsi -prepararsi ideologicamente, politicamente e tecnicamente- alla lotta dei Soviet contro il Parlamento, allo scioglimento del Parlamento per opera dei Soviet. Ma da ciò non deriva affatto che tale scioglimento venga reso più difficile oppure non venga facilitato dall’esistenza di una opposizione sovietica in seno al parlamento controrivoluzionario. Durante la nostra lotta vittoriosa contro Denikin e Kolciak, non abbiamo mai costatato che l’esistenza di un’opposizione sovietica, proletaria, nei territori da loro occupati, fosse inutile per la nostra vittoria. Sappiamo benissimo che lo scioglimento dell’Assemblea costituente da noi operato i l5 gennaio 1918 [eletta nel novembre 1917, aperta il 5 gennaio 1918, essa fu sciolta il giorno stesso, in quanto rispecchiava i rapporti di forza precedenti alla rivoluzione del 7 novembre] non venne reso più difficile, ma anzi facilitato dal fatto che in seno a questa Costituente controrivoluzionaria esisteva un’opposizione sovietica coerente, bolscevica, e un’opposizione sovietica inconseguente, quella dei socialisti-rivoluzionari di sinistra. Gli autori delle tesi hanno perduto la bussola, e hanno dimenticato l’esperienza di parecchie, se non di tutte le rivoluzioni, la quale attesta che è particolarmente utile combinare, durante le rivoluzioni, l’azione delle masse fuori del Parlamento reazionario e l’opposizione simpatizzante con la rivoluzione (o meglio ancora, l’opposizione che appoggia direttamente la rivoluzione) in seno a questo Parlamento. Gli olandesi e i “sinistri” in generale ragionano qui come dei dottrinari della rivoluzione che non abbiano mai partecipato ed una vera rivoluzione, non abbiano mai meditato sulla storia delle rivoluzioni, o scambino ingenuamente la “negazione” soggettiva di una determinata istituzione reazionaria con la reale distruzione di quella per opera delle forze congiunte di tutto un complesso di fattori obiettivi.
Il mezzo più sicuro per discreditare una nuova idea politica (e non soltanto politica) e per sabotarla, consiste nello spingerla fino all’assurdo col pretesto di difenderla. Perché tutte le verità, se spinte “all’eccesso” (come diceva Dietzgen padre), se esagerate, se diffuse oltre i limiti della loro effettiva applicabilità, possono essere portate all’assurdo, anzi, in tali condizioni, diventano inevitabilmente assurde. I “sinistri” olandesi e tedeschi rendono appunto questo cattivo servizio alla nuova verità della superiorità del potere sovietico sui Parlamenti democratici borghesi. Si intende che avrebbe torto chi dicesse alla vecchia maniera e genericamente che rinunciare alla partecipazione ai Parlamenti borghesi è inammissibile in qualsiasi circostanza. Io non posso tentare di formulare qui le circostanze in cui il boicottaggio sarebbe utile, perché il compito di questo scritto è molto più modesto: tener conto dell’esperienza russa in relazione con alcuni scottanti problemi attuali della tattica internazionale comunista. L’esperienza russa ci ha offerto un’applicazione giusta e ben riuscita (1905) e un ‘applicazione errata (1906) del boicottaggio da parte dei bolscevichi. Se analizziamo il primo caso, vediamo che si riuscì a non permettere la convocazione , per opera di un potere reazionario, di un Parlamento reazionario, e ciò in una situazione nella quale l’azione rivoluzionaria extraparlamentare delle masse (specialmente gli scioperi) maturava con straordinaria rapidità, nella quale nessuno strato del proletariato e dei contadini poteva dare appoggio al potere reazionario, nella quale il proletariato rivoluzionario assicurava la propria influenza sulle grandi masse arretrate grazie agli scioperi e al movimento agrario. E’ ben chiaro che questa esperienza non è applicabile alle condizioni odierne dell’Europa. E’ inoltre ben chiaro, sulla base degli argomenti esposti sopra, che difendere, sia pure sotto condizione, come fanno gli olandesi e i “sinistri”, il rifiuto di partecipare al Parlamento, è cosa fondamentalmente sbagliata e dannosa alla causa del proletariato rivoluzionario.
83)Nell’Europa occidentale e in America il Parlamento è diventato particolarmente odioso ai rivoluzionari avanzati della classe operaia. Questo è incontestabile. Ed è ben comprensibile, poiché è difficile immaginare cosa più ignobile, vile, perfida del contegno della schiacciante maggioranza dei deputati socialisti e socialdemocratici nel Parlamento durante e dopo la guerra. Tuttavia sarebbe non tanto irragionevole, ma addirittura criminale cedere a un simile sentimento nel decidere la questione del come si debba lottare contro questo male riconosciuto da tutti. In molti paesi dell’Europa occidentale, lo spirito rivoluzionario è oggi, si può dire, una “novità” o una “rarità”, aspettata troppo a lungo, invano e con impazienza, ed è forse per questo motivo che si cede così facilmente al sentimento. Certo, senza un spirito rivoluzionario nelle masse, senza le condizioni che favoriscono lo sviluppo di tale spirito, la tattica rivoluzionaria non può trasformarsi in azione; ma in Russia un’esperienza troppo lunga, difficile, sanguinosa, ci ha convinti di questa verità, che la tattica rivoluzionaria non può essere fondata unicamente sullo spirito rivoluzionario. La tattica deve essere fondata sul calcolo ponderato e rigorosamente obiettivo di tutte le forze di classe dello Stato in questione (e degli Stati che lo circondano, e di tutti gli Stati su scala mondiale), come pure sulla valutazione dell’esperienza dei movimenti rivoluzionari.
Manifestare il proprio “spirito rivoluzionario” unicamente vituperando l’opportunismo parlamentare, unicamente respingendo la partecipazione al Parlamento, è molto facile; ma appunto perché è troppo facile, non è una soluzione del difficile e difficilissimo compito. Creare un gruppo parlamentare effettivamente rivoluzionario nei parlamenti europei è molto più difficile che in Russia. E’ ovvio. Ma questa è soltanto una manifestazione parziale di quella verità generale per cui in Russia, nella situazione concreta e storicamente originalissima del 1917, fu facile iniziare la rivoluzione socialista mentre continuarla e condurla a termine sarà per la Russia più difficile che per i paesi europei. Già al principio del 1918 avevo avuto occasione di segnalre questo fatto, e la successiva esperienza di due anni ha pienamente confermato l’esattezza di questo modo di vedere. Condizioni specifiche come: 1)la possibilità di legare la rivoluzione sovietica con la fine (grazie alla rivoluzione stessa) della guerra imperialista che infliggeva indescrivibili sofferenze agli operai e ai contadini; 2)la possibilità di sfruttare, per un certo tempo, la lotta mortale fra due gruppi di predoni imperialistici di potenza mondiale, i quali non potevano unirsi contro il nemico sovietico; 3) la possibilità di sostenere una guerra civile relativamente lunga, in parte grazie all’enorme estensione del paese e agli scarsi mezzi di comunicazione; 4)l’esistenza fra i contadini di un movimento rivoluzionario democratico borghese così profondo, che il partito del proletariato poté far proprie le rivendicazioni rivoluzionarie del partito dei contadini (il partito socialista-rivoluzionario nettamente ostile, in maggioranza, al bolscevismo) e attuarle immediatamente grazie alla conquista del potere politico da parte del proletariato; tali condizioni specifiche non esistono ora nell’Europa occidentale, né è troppo facile che esse, o altre simili, si presentino un’altra volta.
Ecco perché, fra l’altro, e prescindendo da una serie di altre cause, iniziare la rivoluzione socialista è più difficile per l’Europa occidentale di quanto non fu per noi. Tentare di “aggirare” tale difficoltà “saltando” il duro compito dell’utilizzazione dei Parlamenti reazionari a scopi rivoluzionari è semplicemente puerile. Voi volete creare una nuova società? E avete paura delle difficoltà che presenta la creazione di un buon gruppo parlamentare in un Parlamento reazionario, di un gruppo composto di comunisti convinti, devoti, eroici! Non è puerile? Se Karl Liebknecht in Germania e Z. Hoeglund in Svezia seppero dare, anche senza avere dal basso l’appoggio delle masse, l’esempio di una utilizzazione veramente rivoluzionaria di Parlamenti reazionari, perché mai un partito rivoluzionario di massa in rapido sviluppo, tra la delusione e l’esasperazione postbellica delle masse, non sarebbe in grado di forgiarsi un gruppo comunista nei peggiori Parlamenti?! Appunto perché nell’Europa occidentale le masse arretrate dei lavoratori, e ancor più le masse dei piccoli contadini, sono molto più fortemente che in Russia imbevute di pregiudizi democratici borghesi e parlamentari, appunto per questo, soltanto dall’interno di istituzioni come i Parlamenti borghesi i comunisti possono (e devono) condurre una lotta lunga, tenace, che non si arresti davanti a nessuna difficoltà per smascherare, disperdere, superare tali pregiudizi.
84)I “sinistri” tedeschi si lagnano dei cattivi “capi” del loro partito, si danno alla disperazione e giungono alla ridicola “negazione” dei “capi”. Ma in circostanze nella quali bisogna di frequente nascondere i “capi” nell’illegalità, la formazione di “capi” buoni, fidati, provati, autorevoli è cosa particolarmente difficile, e non è possibile superare con buon esito queste difficoltà senza combinare il lavoro legale con il lavoro illegale, senza provare i “capi”, tra l’altro, anche nell’agone parlamentare. La critica -la più aspra, spietata, implacabile delle critiche- non deve essere diretta contro il parlamentarismo o contro l’attività parlamentare, ma contro quei capi che non sanno -e ancor più contro quelli che non vogliono- sfruttare in modo rivoluzionario, comunista le elezioni parlamentari e la tribuna del Parlamento. Soltanto una critica simile, che naturalmente deve andare congiunta con l’espulsione dei capi inetti e con la loro sostituzione con capi idonei, sarà un lavoro rivoluzionario, utile e fecondo, che in pari tempo educherà i “capi” ad essere degni della classe operaia e delle masse lavoratrici, e le masse ad imparare a ben orientarsi nella situazione politica e a comprendere i compiti spesso assai complicati e intricati che da questa situazione scaturiscono. (…Indubbiamente il compagno Bordiga e la sua frazione dei “comunisti boicottisti” sono dalla parte del torto…Ma mi pare cha abbiano ragione nei loro attacchi a Turati…Il compagno Serrati ha evidentemente torto quando accusa il deputato Turati di “incoerenza”, mentre è incoerente proprio il Partito socialista italiano che tollera dei parlamentari opportunisti come Turati e soci -sintesi della nota di Lenin)
8. “Nessun compromesso”?
85)Nella citazione tolta dall’opuscolo di Francoforte abbiamo visto con quale risolutezza i “sinistri” avanzano questa parola d’ordine. E’ triste vedere come degli uomini, i quali indubbiamente si considerano marxisti e vogliono essere marxisti, abbiano dimenticato le verità fondamentali del marxismo. Ecco che cosa scriveva -nel 1874, contro il manifesto dei 33 comunardi blanquisti- Engels, il quale appartiene, come Marx, a quei rari e rarissimi scrittori nei quali ogni frase di ognuna delle opere maggiori ha un contenuto di ammirevole profondità:
“…Noi siamo comunisti (hanno scritto i comunardi blanquisti nel loro manifesto) perché vogliamo raggiungere il nostro scopo senza fermarci nelle stazioni intermedie, senza addivenire a compromessi, i quali altro non fanno che allontanare il giorno della vittoria e prolungare il periodo della schiavitù”.
“I comunisti tedeschi sono comunisti perché attraverso tutte le stazioni intermedie e tutti i compromessi, che non sono stati creati da loro, ma dal corso dello sviluppo storico, vedono chiaramente e perseguono costantemente lo scopo finale: l’abolizione delle classi e la creazione di un ordine sociale in cui non ci sia più posto per la proprietà privata della terra e di tutti i mezzi di produzione. I 33 blanquisti sono comunisti, perché immaginano che, dal momento che essi vogliono saltare le stazioni intermedie e i compromessi, la cosa sia bell’e fatta, e che se (come essi credono fermamente) l’affare “incomincerà” a giorni e il potere verrà a trovarsi nelle loro mani, il giorno dopo “sarà instaurato il comunismo”. In conseguenza, se la cosa non si può far subito, essi non sono comunisti”.
“Quale puerile ingenuità portare come argomento teorico la propria impazienza!” (Friedrich Engels: “Il programma dei comunardi blanquisti “).
86) Engels esprime in questo stesso articolo la sua profonda stima per Vaillant e parla dell’ “incontestabile merito” di Vaillant, (che fu come Guesde, un capo eminentissimo del socialismo internazionale fino a quando entrambi non tradirono il socialismo nell’agosto 1914). Ma Engels non lascia passare senza un’analisi minuziosa un errore evidente. Naturalmente a rivoluzionari molto giovani e inesperti, come pure a rivoluzionari piccolo/borghesi, anche se di età veneranda e molto esperti, sembra straordinariamente “pericoloso”, incomprensibile, sbagliato, “permettere i compromessi”. E molti sofisti (che sono politicanti “superesperti” o troppo “esperti”) ragionano proprio come i capi inglesi dell’opportunismo ricordati dal compagno Lansbury: “Se ai bolscevichi si permette questo compromesso, perché non si permette a noi qualsiasi compromesso?”. Ma i proletari che si sono educati a traverso ripetuti scioperi (per prendere questa sola manifestazione della lotta di classe), assimilano di solito mirabilmente la profondissima verità (filosofica, storica, politica, psicologica) esposta da Engels. Ogni proletario ha partecipato a qualche sciopero, ha sperimentato qualche “compromesso” con gli odiati oppressori e sfruttatori quando gli operai dovevano riprendere il lavoro o senza avere ottenuto nulla o accettando un parziale soddisfacimento delle loro rivendicazioni. Ogni proletario, grazie alla situazione della lotta delle masse e al forte inasprimento dei contrasti di classe in cui egli vive, osserva la differenza fra un compromesso imposto dalle condizioni obiettive (la cassa degli scioperanti è povera, essi non ricevono aiuti, hanno sofferto la fame e sono estenuati fino all’impossibile), cioè fra un compromesso che non pregiudica affatto, negli operai che lo concludono, la devozione rivoluzionaria e la volontà di continuare la lotta, e il compromesso dei traditori, che scaricano sulle cause obiettive il loro panciafichismo (anche i crumiri concludono dei “compromessi”!), la loro vigliaccheria, il loro desiderio di ingraziarsi i capitalisti, la loro arrendevolezza di fronte alle intimidazioni, talvolta di fronte alle lusinghe, talvolta di fronte all’adulazione, talvolta di fronte alle elemosine dei capitalisti. (Tali compromessi di traditori sono particolarmente numerosi nella storia del movimento operaio inglese, ad opera dei capi delle trade unions inglesi, ma quasi tutti gli operai hanno osservato in tutti i paesi in una forma o nell’altra fenomeni analoghi).
87)Si intende che ci sono casi singoli, straordinariamente difficili e intricati, nei quali soltanto con grandissimi sforzi si riesce a determinare giustamente il carattere reale di questo o di quel “compromesso”, come ci sono casi di omicidio nei quali non è facile decidere se si tratti di un omicidio giustificato o magari necessario (ad esempio per legittima difesa), o di una imperdonabile negligenza, o magari di un piano astuto sottilmente messo in opera. Si intende che in politica, dove si tratta talvolta di rapporti reciproci estremamente complicati -nazionali e internazionali- tra classi e partiti, ci saranno molti casi di gran lunga più difficili del “compromesso” legittimo in caso di sciopero o del “compromesso” proditorio del crumiro, del capo traditore, ecc. Fabbricare una ricetta o una regola generale (“nessun compromesso”!) che serva per tutti i casi, è una scempiaggine. Bisogna che ognuno abbia la testa sulle spalle, per sapersi orientare in ogni singolo caso. L’importanza dell’organizzazione di partito e dei capi di partito che meritano questo appellativo, consiste per l’appunto, tra l’altro, nell’elaborare -mediante un lavoro lungo, tenace, vario, multiforme di tutti i rappresentanti pensanti di una data classe-le cognizioni necessarie, la necessaria esperienza e -oltre le cognizioni e l’esperienza- il fiuto politico necessario per risolvere rapidamente e giustamente le questioni politiche complicate.

*in ogni classe, anche la più progredita e dotata di un poderoso slancio, anche nel paese più colto, finché vi saranno le classi, vi saranno rappresentanti della classe stessa che non pensano e non sono capaci di pensare. Se non fosse così il capitalismo non sarebbe un capitalismo oppressore della masse (nota di Lenin).

88)Persone ingenue e affatto inesperte immaginano che basti riconoscere l’ammissibilità dei compromessi in genere per cancellare ogni barriera tra l’opportunismo, contro il quale conduciamo e dobbiamo condurre una lotta implacabile, e il marxismo rivoluzionario o comunismo. Ma tali persone, se ancora non sanno che tutti i limiti, nella natura come nella società, sono mobili, e fino a un certo punto convenzionali, non possono trarre nessun giovamento, se non da una lunga opera di istruzione, educazione, studio, esperienza politica ed esperienza della vita. Nelle questioni pratiche della politica che si pongono in ogni singolo momento o in un momento storico specifico, è importante saper discernere le questioni nelle quali si manifesta la forma principale di compromessi inammissibili, proditori, che incarnano l’opportunismo esiziale alla classe rivoluzionaria, e far convergere tutte le forze a smascherarli, a combatterli. Durante la guerra imperialista del 1914-1918, tra due gruppi di Stati egualmente rapaci e predoni, il social/sciovinismo, cioè l’appoggio alla “difesa della patria”, che equivaleva in realtà, in una guerra di tal fatta, alla difesa degli interessi briganteschi della “propria” borghesia, fu appunto la forma capitale, fondamentale dell’opportunismo. Dopo la guerra, la difesa della rapace “Società delle Nazioni”, la difesa delle alleanze dirette o indirette con la borghesia del proprio paese contro il proletariato rivoluzionario e il movimento “sovietico”; la difesa della democrazia borghese e del parlamentarismo borghese contro il “potere dei Soviet”, furono le più importanti manifestazioni di compromessi inammissibili e proditori, i quali, nel loro complesso, rappresentavano un opportunismo esiziale per il proletariato rivoluzionario e per la sua causa.
89)”…Bisogna respingere nel modo più energico qualsiasi compromesso con altri partiti…ogni politica di destreggiamento e di accordi”, scrivono i “sinistri” tedeschi nell’opuscolo di Francoforte.
90)C’è da stupirsi che questi “sinistri”, con queste opinioni, non pronuncino una recisa condanna del bolscevismo! Non è infatti possibile che i “sinistri”, tedeschi non sappiano che tutta la storia del bolscevismo, prima e dopo la Rivoluzione di Ottobre, è piena di casi di destreggiamenti, di accordi, di compromessi con altri partiti, compresi i partiti borghesi!
91)Condurre la guerra per il rovesciamento della borghesia internazionale, guerra cento volte più difficile, più lunga e più complicata della più accanita delle guerre abituali tra gli Stati, e rinunciare in anticipo e destreggiarsi, a sfruttare gli antagonismi di interessi (sia pure temporanei) tra i propri nemici, rinunciare agli accordi e ai compromessi con dei possibili alleati (sia pure temporanei, poco sicuri, esitanti, condizionati), non è cosa infinitamente ridicola? Non è come se nell’ardua scalata di un monte ancora inesplorato e inaccessibile, si rinunciasse preventivamente a far talora degli zigzag, a ritornare qualche volta sui propri passi, a lasciare la direzione presa all’inizio per tentare direzioni diverse? E alcuni membri del Partito comunista olandese hanno potuto appoggiare -poco importa se direttamente o indirettamente, se apertamente o di nascosto, in tutto o in parte- della gente così poco cosciente e tal segno inesperta!! (E meno male se ciò si spiega con la loro gioventù: da giovani Dio stesso vuole che, per un certo tempo, si dicano simili sciocchezze!).
92)Dopo la prima rivoluzione socialista del proletariato, dopo l’abbattimento della borghesia in un paese, il proletariato di questo paese resta per molto tempo più debole della borghesia, anche semplicemente a causa dei formidabili legami internazionali della borghesia, poi a causa della ricostruzione, della rinascita spontanea e continua del capitalismo e della borghesia ad opera dei piccoli produttori di merci nel paese stesso che ha abbattuto il dominio borghese. Si può vincere un nemico più potente soltanto con la massima tensione delle forze e alla condizione necessaria di utilizzare nella maniera più diligente, accurata, attenta, abile, ogni benché minima “incrinatura” tra i nemici, ogni contrasto di interessi tra la borghesia dei diversi paesi, tra i vari gruppi e le varie specie di borghesia nell’interno di ogni singolo paese, e anche ogni minima possibilità di guadagnarsi un alleato numericamente forte, sia pure temporaneo, incerto, incostante, instabile, infido, non incondizionato. Chi non ha capito questo, non ha capito un acca né del marxismo, né del moderno socialismo scientifico in generale. Chi non ha praticamente dimostrato, durante un periodo di tempo abbastanza lungo e in situazioni politiche abbastanza varie, di essere capace di applicare nella pratica questa verità, non ha ancora imparato ad aiutare la classe rivoluzionaria nella sua lotta per liberare tutta l’umanità lavoratrice dagli sfruttatori. E ciò che si è detto si riferisce egualmente al periodo anteriore e al periodo successivo alla conquista del potere politico da parte del proletariato.
93)La nostra teoria non è un dogma, ma una guida per l’azione -dicevano Marx ed Engels- e il massimo errore e il massimo delitto dei marxisti “patentati” come Carlo Kautsky, Otto Bauer, ecc., è di non aver compreso questo, di non averlo saputo applicare nei più importanti momenti della rivoluzione del proletariato. “L’attività politica non è il marciapiede della Prospettiva della Neva” (il marciapiede pulito, largo, piano della via principale di Pietroburgo, assolutamente rettilinea), aveva già detto N.G.Cernyscevski, il grande socialista russo del periodo pre/marxista. I rivoluzionari russi, fin dal tempo di Cernyscevski, hanno scontato con innumerevoli sacrifici la voluta ignoranza e l’oblio di questa verità. Bisogna ottenere ad ogni costo che i comunisti di sinistra e i rivoluzionari dell’Europa occidentale e dell’America, devoti alla classe operaia, non abbiano da pagare tanto cara l’assimilazione di questa verità quanto gli abitanti della Russia arretrata.
94)I socialdemocratici rivoluzionari russi, fino alla caduta dello zarismo, hanno ripetutamente utilizzato i servizi dei liberali borghesi, cioè hanno concluso con i liberali un gran numero di compromessi pratici: e nel 1901-1902, ancor prima del sorgere del bolscevismo, la vecchia direzione dell’ Iskra (della quale facevano parte Plekhanov, Axselrod, Zassulic, Martov, Potressov ed io) concluse (non per molto tempo, è vero) una formale alleanza politica con Struve, capo politico del liberalismo borghese, pur sapendo condurre in pari tempo, senza interruzione, la lotta ideologica e politica più spietata contro il liberalismo borghese e contro le minime manifestazioni della sua influenza in seno al movimento operaio. I bolscevichi hanno sempre continuato quella politica. Dal 1905 in poi hanno propugnato sistematicamente l’alleanza della classe operaia con i contadini, contro la borghesia liberale e lo zarismo, senza mai rinunciare tuttavia ad appoggiare la borghesia contro lo zarismo (per esempio nelle elezioni di secondo grado e nei ballottaggi) e senza cessare la lotta ideologica e politica più intransigente contro il partito contadino rivoluzionario borghese, i “socialisti/rivoluzionari”, smascherandoli come democratici piccolo/borghesi che si annoveravano falsamente tra i socialisti.
Nel 1907, i bolscevichi conclusero, per breve tempo, un blocco politico formale con in “socialisti/rivoluzionari” per le elezioni alla Duma [il 3 giugno 1907 il governo zarista sciolse la Duma ed emanò una nuova legge elettorale che assicurava la maggioranza assoluta al blocco agrario industriale. I bolscevichi sia allearono con i socialisti/rivoluzionari e con i menscevichi per riuscire ad eleggere alcuni rappresentanti del movimento operaio e contadino]. Con i menscevichi, nel periodo dal 1903 al 1912, fummo formalmente uniti par alcuni anni in un unico partito socialdemocratico, senza mai cessare la lotta ideologica e politica contro di essi, come veicoli dell’influenza borghese nel proletariato e come opportunisti. Durante la guerra, concludemmo una specie di compromesso con i “kautskiani”, con i menscevichi di sinistra (Martov) e con una parte dei “socialisti rivoluzionari” (Cernov, Nathanson) sedendo insieme con essi a Zimmerwald e a Kienthal e pubblicando manifesti comuni, ma senza interrompere né indebolire mai la lotta ideologica e politica contro i “kautskiani”, contro Martov e Cernov (Nathanson morì nel 1919 quando era “comunista rivoluzionario” populista vicinissimo a noi, quasi solidale con noi). Al momento stesso della Rivoluzione di Ottobre concludemmo con i contadini piccolo/borghesi un blocco politico non formale, ma assai importante (e fruttuosissimo), accettando integralmente, senza nessun mutamento, il programma agrario socialista/rivoluzionario, ossia accedemmo indubbiamente a un compromesso per dimostrare ai contadini che non volevamo imporre loro un nostro diritto di primogenitura, ma che volevamo intenderci con loro. In pari tempo, proponemmo (e poco tempo dopo realizzammo) un blocco politico formale -che implicava la partecipazione al governo- ai “socialisti/rivoluzionari di sinistra”, i quali, dopo aver concluso con noi la pace di Brest, denunciarono questo blocco e in seguito, nel luglio 1918, arrivarono fino all’insurrezione armata contro di noi e infine alla lotta armata contro di noi.
95)E’ quindi comprensibile che gli attacchi dei “sinistri” tedeschi contro il Comitato centrale del Partito comunista di Germania, per avere esso accettato l’idea di un blocco con gli “indipendenti” (Partito socialdemocratico indipendente della Germania, kautskiani), non ci sembrino affatto seri e ci sembrino una dimostrazione evidente dell’errore dei “sinistri”. Anche da noi, in Russia, c’erano dei menscevichi di destra (che facevano parte del governo Kerenski) corrispondenti agli Scheidemann tedeschi, e dei menscevichi di sinistra (Martov), in opposizione ai menscevichi di destra, e corrispondenti ai kautskiani tedeschi. Nell’anno 1917 abbiamo notato chiaramente il graduale passaggio delle masse operaie dei menscevichi ai bolscevichi: al I Congresso dei Soviet di tutta la Russia, nel giugno 1917, avevamo in tutto il 13% dei voti. I socialisti/rivoluzionari e i menscevichi avevano la maggioranza. Al II Congresso dei Soviet (7-11-1917) avevamo il 51% dei voti. Perché in Germania lo stesso spostamento degli operai, in tutto analogo, da destra e da sinistra, non ha condotto al rafforzamento immediato dei comunisti, ma dapprima, al rafforzamento del partito intermedio degli “indipendenti”, benché questo partito non avesse una idea politica propria, né una politica indipendente, ma oscillasse fra gli Scheidemann e i comunisti?
E’ chiaro che una delle cause fu la tattica sbagliata dei comunisti tedeschi, i quali devono riconoscere coraggiosamente e onestamente questo errore e imparare a correggerlo. L’errore consistette nel rifiuto di partecipare al Parlamento borghese reazionario e ai sindacati reazionari, l’errore consistette in numerose manifestazioni di quella malattia infantile “di sinistra” che ora si è evidenziata e che perciò potrà essere curata tanto meglio, tanto più rapidamente e con tanto maggior vantaggio per l’organismo.
96)Il “Partito socialdemocratico indipendente” della Germania è, in sé, evidentemente eterogeneo: accanto ai vecchi capi opportunisti (Kautsky, Hilferding e, in buona misura, pare, anche Crispien, Ledebour e altri), che hanno dimostrato la loro incapacità di comprendere l’importanza del potere sovietico e della dittatura del proletariato, la loro incapacità di dirigere la lotta rivoluzionaria del proletariato, si è formata in questo partito un’ ala sinistra proletaria che cresce con rapidità sorprendente. Centinaia di migliaia di iscritti a questo partito (il quale,credo, conta 750 mila membri) sono proletari che vanno allontanandosi da Scheidemann e si avvicinano rapidamente al comunismo. Già al Congresso degli “indipendenti” tenutosi a Lipsia (1919), quest’ala proletaria reclamava l’adesione immediata e incondizionata alla III Internazionale. Aver paura di un “compromesso” con quest’ala del partito è addirittura ridicolo. Al contrario, i comunisti devono assolutamente cercare e trovare una forma adeguata di compromesso con essa, un compromesso cha da una parte faciliti e affretti la necessaria fusione completa con quest’ ala degli “indipendenti”, e , dall’altra, non intralci in nessun modo i comunisti nella loro lotta ideologica e politica contro l’ala destra opportunista degli “indipendenti”. Verosimilmente non sarà facile elaborare una forma adatta di compromesso; ma soltanto un ciarlatano potrebbe promettere agli operai e ai comunisti tedeschi una via “facile” per la vittoria.
97)Il capitalismo non sarebbe capitalismo se il proletariato “puro” non fosse circondato da una folla straordinariamente variopinta di tipi intermedi tra il proletario e il semiproletario (colui che si procura di che vivere solo a metà mediante la vendita della propria forza/lavoro) tra il semi/proletario e il piccolo contadino (e il piccolo artigiano, il piccolo padrone in generale), tra il piccolo contadino e il contadino medio, ecc.; e se, in seno al proletariato stesso, non vi fossero delle suddivisioni in strati più o meno sviluppati, delle suddivisioni per regione, per mestiere, talvolta per religioni, ecc. E da tutto ciò deriva la necessità, la necessità assoluta e incondizionata per l’avanguardia del proletariato, per la parte cosciente di esso, per il partito comunista, di destreggiarsi, di stringere accordi, compromessi con i diversi gruppi di proletari, con i diversi partiti di operai e di piccoli padroni. Tutto sta nel saper impiegare questa tattica allo scopo di elevare, e non di abbassare il livello generale della coscienza proletaria, dello spirito rivoluzionario del proletariato ,della sua capacità di lottare e di vincere. Bisogna notare fra l’altro che la vittoria dei bolscevichi sui menscevichi richiese, non soltanto prima della rivoluzione dell’ottobre 1917, ma anche dopo di essa, l’uso di una tattica di destreggiamenti, di accordi, di compromessi, naturalmente tali da facilitare, accelerare, consolidare e rafforzare i bolscevichi a spese dei menscevichi. I democratici piccolo/borghesi (compresi i menscevichi) oscillano inevitabilmente tra la borghesia e il proletariato, tra la democrazia borghese e il regime dei Soviet, tra il riformismo e lo spirito rivoluzionario, tra la simpatia per gli operai e la paura della dittatura proletaria, ecc. La giusta tattica dei comunisti deve consistere nell’utilizzare queste oscillazioni e non nell’ignorarle, e la loro utilizzazione esige che si facciano delle concessioni a quegli elementi che si orientano verso il proletariato nel momento e nella misura in cui si orientano verso di esso, lottando in pari tempo contro gli elementi che si orientano, invece, verso la borghesia. In seguito all’applicazione di una giusta tattica, il menscevismo, da noi, andò e va tuttora sempre più disgregandosi; vengono isolati i capi ostinatamente opportunisti e passano nel nostro campo i migliori operai, i migliori elementi della democrazia piccolo/borghese. E’ questo un processo di lunga durata, e la frettolosa “risoluzione”: “nessun compromesso, nessun destreggiamento”, può soltanto recar danno al rafforzamento dell’influenza e all’accrescimento delle forze del proletariato rivoluzionario.
98)Da ultimo, un errore in contestabile dei “sinistri” in Germania, è la rigida insistenza con la quale negano ogni riconoscimento della pace di Versailles. Quanto più “solida” e “grave”, quanto più “recisa” e inappellabile è la formulazione che viene data di questa opinione, per esempio da K.Horner, tanto meno ciò si dimostra intelligente Non basta rinnegare la madornali assurdità del “bolscevismo nazionale” (Laufenberg e altri), che nell’attuale situazione della rivoluzione proletaria internazionale si è spinto fino al blocco con la borghesia tedesca per una guerra contro l’Intesa. Bisogna comprendere che una tattica la quale non ammette la necessità in cui verrebbe a trovarsi la Germania sovietica (se fra breve sorgesse una Repubblica sovietica tedesca) di riconoscere, per un certo tempo, la pasce di Versailles e sottomettersi ad essa, è radicalmente sbagliata. Da ciò non consegue che gli “indipendenti” abbiano avuto ragione -mentre al governo si trovavano degli Scheidemann, mentre il potere sovietico in Ungheria non era ancora caduto [il potere sovietico in Ungheria si costituì il 21/3/1919. Cadde ai primi di agosto.Dopo la sconfitta dell’impero austro/ungarico, nel novembre 1918, si costituì una repubblica indipendente con un governo radicale/borghese, presieduto dal conte Karoly. Cadde sotto l’ondata rivoluzionaria degli operai dopo aver tentato di reprimerla ferocemente. Si costituì un governo rivoluzionario e il partito comunista si fuse col partito socialdemocratico. si indebolì così la direzione proletaria e rivoluzionaria del partito che commise molti errori. Gli eserciti romeno, serbo e ceco ripristinarono il potere borghese/agrario costituendo il regime fascista di Horthy], mentre non era ancora esclusa la possibilità di un intervento della rivoluzione sovietica di Vienna in aiuto dell’Ungheria dei Soviet – di esigere in quelle circostanze la firma della pace di Versailles. In quel momento, gli “indipendenti” si barcamenarono e manovrarono molto male, perché si addossarono una responsabilità più o meno grande per conto dei traditori Scheidemann, e scivolarono più o meno dalla concezione di una lotta di classe la più spietata (e ponderata) contro gli Scheidemann a una concezione “al di fuori delle classi” e “al di sopra delle classi”.
99)Ma oggi la situazione è evidentemente tale, che i comunisti di Germania non devono legarsi le mani e non devono impegnarsi a un rifiuto assoluto e obbligatorio della pace di Versailles in caso di vittoria del comunismo. Ciò sarebbe sciocco. Bisogna dire: gli Scheidemann e i kautskiani hanno commesso una serie di tradimenti che hanno reso difficile (e in parte hanno addirittura rovinato) la causa dell’alleanza con la Russia sovietica e con l’Ungheria sovietica. Noi comunisti favoriremo e prepareremo quest’alleanza con tutti i mezzi, ma con questo non siamo affatto obbligati a denunciare assolutamente e, per giunta, a denunciare subito la pace di Versailles. La possibilità di respingerla con buoni risultati non dipende soltanto dal successi tedeschi, ma dai successi internazionali del movimento sovietico. Gli Scheidemann e i kautskiani hanno ostacolato questo movimento: noi lo aiutiamo. Questa è la sostanza della questione, questa è la differenza radicale. E se i nostri nemici di classe, gli sfruttatori, i loro servitori, gli Scheidemann a i kautskiani, hanno lasciato passare numerose occasioni di rafforzare il movimento sovietico tedesco e internazionale, di rafforzare la rivoluzione sovietica tedesca e internazionale, la colpa ricade su di loro. La rivoluzione sovietica in Germania rafforzerà il movimento sovietico internazionale, che è il più forte baluardo (e l’unico baluardo sicuro, invincibile, la cui potenza è universale) contro la pace di Versailles, contro l’imperialismo internazionale in genere. Voler dare per forza, a tutti i costi e subito, al problema della propria liberazione della pace di Versailles, la precedenza sul problema della liberazione di tanti altri paesi oppressi dal giogo dell’imperialismo, è segno di nazionalismo piccolo/borghese (degno dei Kautsky, degli Hilferding, degli Otto Bauer e compagni), e non di internazionalismo rivoluzionario. L’abbattimento della borghesia in uno qualunque dei grandi paesi europei, quindi anche in Germania, è un tale vantaggio per la rivoluzione internazionale, che per ottenerlo si può e si dee accettare -se ciò sarà necessario- una più lunga esistenza della pace di Versailles. Se la Russia, da sola, fu in grado di sopportare per alcuni mesi la pace di Brest con vantaggio per la rivoluzione, non è per nulla impossibile che la Germania sovietica, in alleanza con la Russia sovietica, sopporti con vantaggio della rivoluzione una più lunga esistenza della pace di Versailles.
100)Gli imperialisti di Francia, Inghilterra, ecc. provocano i comunisti tedeschi, tendono loro una trappola: “Dite che non firmerete la pace di Versailles”. E i comunisti di sinistra cadono come bambini in quella trappola predisposta per essi, invece di manovrare abilmente contro il nemico insidioso e in questo momento più forte, invece di rispondere: “Oggi, noi firmeremo la pace di Versailles”. Legarsi anticipatamente le mani, dire apertamente al nemico, oggi meglio armato di noi, se e quando ci batteremo con lui, è una sciocchezza e non segno di spirito rivoluzionario. Accettare la battaglia quando ciò è manifestamente vantaggioso per il nemico e non per noi, è un delitto; e quei politici della classe rivoluzionaria che non sanno “destreggiare, stringere accordi e compromessi” per evitare una battaglia manifestamente svantaggiosa, non valgono un bel niente.
9. Il comunismo “di sinistra” in Inghilterra
101)In Inghilterra non esiste ancora un partito comunista, ma esiste tra gli operai un movimento comunista nuovo, vasto, potente, che si sviluppa con rapidità e giustifica le migliori speranze; esistono alcuni partiti e alcune organizzazioni politiche (il Partito socialista britannico”, il”partito socialista operaio”, la “Lega socialista” del Galles del Sud”, la “Federazione operaia socialista”) che desiderano creare un partito comunista e che, a tale scopo, sono già in trattative fra loro. Nel giornale “Workers Dreadnought” (vol.VI, n. 48, 21/2/1920), organo settimanale dell’ultima fra le organizzazioni citate, si trova un articolo della sua direttrice, la compagna Sylvia Pankhurst, intitolato: “Verso la costituzione del partito comunista”. L’articolo espone l’andamento delle trattative fra le quattro organizzazioni soprammenzionate, per la formazione di un partito comunista unico sulla base dell’adesione alla III Internazionale, del riconoscimento del sistema sovietico in luogo del parlamentarismo, e della dittatura del proletariato. Risulta che uno dei principali ostacoli alla immediata creazione di un partito comunista unico è costituito dai dissensi sul problema della partecipazione al Parlamento e dell’adesione del nuovo partito comunista al vecchio partito laburista, corporativista, composto prevalentemente da trade/unions, opportunista e social/sciovinista. La “Federazione operaia socialista” e il “Partito socialista operaio” si pronunciano contro la partecipazione alle elezioni parlamentari e al Parlamento, contro l’adesione al partito laburista, dissentendo in merito dalla totalità o dalla maggioranza dei membri del “Partito socialista britannico”, che ai loro occhi rappresenta “l’ala destra dei partiti comunisti in Inghilterra (p.5 dell’articolo citato di Sylvia Pankhurst).
Quindi, la divisione fondamentale è la stessa che in Germania, nonostante le grandissime differenze della forma in cui si manifestano i dissensi (in Germania tale forma è notevolmente più vicina alla forma “russa”, che non in Inghilterra) e di tutto un complesso di altre circostanze. Esaminiamo dunque gli argomenti dei “sinistri”.

*Pare che questo partito sia contro l’adesione al partito laburista, ma non sia tutto contro la partecipazione al Parlamento.

102)In merito alla partecipazione al Parlamento, la compagna Sylvia Pankhurst si richiama a un articolo pubblicato nello stesso numero, del compagno W.Gallacher, il quale, in nome del “Consiglio operaio della Scozia” di Glasgow dice: “Questo Consiglio è nettamente antiparlamentare e ha con sé l’ala sinistra di varie organizzazioni politiche. Noi rappresentiamo il movimento rivoluzionario in Scozia, il quale tende alla creazione di una organizzazione rivoluzionaria nei luoghi di produzione (nei diversi rami della produzione) e di un partito comunista che si fondi su dei comitati sociali in tutto il paese. Per molto tempo abbiamo polemizzato con i parlamentari ufficiali. Non abbiamo ritenuto necessario di dichiarare loro una guerra aperta ed essi temono di passare all’attacco contro di noi… Ma una situazione simile non può durare a lungo. Noi vinciamo su tutta la linea… In Scozia, le masse degli iscritti al Partito laburista indipendente hanno sempre più in disgusto l’idea del Parlamento, e quasi tutti i gruppi locali sono per i Soviet o Consigli operai. Si intende che ciò ha una la più grande importanza per quei signori che considerano la politica come un mezzo di guadagno (come una professione), e costoro ricorrono a tutti i mezzi per persuadere i loro aderenti a ritornare indietro, in grembo al parlamentarismo. I compagni rivoluzionari non devono appoggiare questa banda. Qui, la nostra lotta sarà molto dura. Uno dei suoi peggiori aspetti sarà il tradimento di coloro per i quali gli interessi personali sono uno stimolante più forte che non il loro interesse per la rivoluzione. Ogni appoggio al parlamentarismo contribuisce semplicemente a far cadere il potere nelle mani dei nostri Schiedemann e Noske inglesi. Henderson, Clynes e consorti sono irrimediabilmente reazionari. Il partito laburista indipendente ufficiale cade sempre più sotto il dominio dei liberali borghesi, che hanno trovato un rifugio spirituale nel campo dei signori Mac Donald, Snowden e consorti. Il Partito laburista indipendente ufficiale è implacabilmente ostile alla III Internazionale; la massa è invece favorevole ad essa. Appoggiare in un modo qualsiasi i parlamentari opportunisti, significa semplicemente fare il gioco dei signori sopra citati. Il Partito socialista britannico non ha qui alcuna importanza…Qui occorrono una sana organizzazione rivoluzionaria sui luoghi della produzione (industriale) e un partito comunista che fondi la sua attività su basi scientifiche, chiare, esattamente determinate. Se i nostri compagni possono aiutarci nella creazione dell’una e dell’altro, accetteremo volentieri il loro aiuto; se non possono aiutarci, almeno, per amor del cielo, non se ne immischino affatto, se non vogliono tradire la rivoluzione accordando il loro appoggio ai reazionari che si adoperano con tanto zelo a conseguire il titolo “onorevole”(?) di deputati, e che ardono dal desiderio di dimostrare che essi possono governare con non minor successo degli stessi “padroni”, i politici della classe dominante”.
103)Questa lettera alla redazione, secondo me, esprime perfettamente lo stato d’animo e l’opinione di giovani comunisti o di operai appartenenti alla massa, che incominciano appena a venire al comunismo. Tale stato d’animo è confortante e prezioso al massimo grado; bisogna saperla apprezzare e appoggiare perché senza di essa, la rivoluzione proletaria in Inghilterra, come in qualsiasi altro paese, non avrebbe speranza di vittoria. Le persone che sanno esprimere questo stato d’animo della masse, che sanno suscitar nelle masse un simile stato d’animo (spesso assopito, non cosciente, non ancora risvegliato), devono essere trattate con riguardo e aiutate con sollecitudine in tutti i modi. Ma nello stesso tempo bisogna dir loro francamente, apertamente, che lo stato d’animo delle masse da solo non basta per dirigere le masse nella immane lotta rivoluzionaria, e che certi errori che le persona più devote alla rivoluzione sono in procinto di commettere o commettono, possono danneggiare la causa della rivoluzione. Nella lettera del compagno Gallacher alla redazione si vedono, senza alcun dubbio, i germi di tutti gli errori che commettono i comunisti tedeschi di “sinistra” e che furono commessi dai bolscevichi russi “di sinistra” negli anni 1908 e 1918.
104)L’autore della lettera è animato da un nobile odio proletario (odio che però è comprensibile e familiare non soltanto ai proletari, ma a tutti i lavoratori, a tutta la “gente minuta”, per adoperare un’espressione tedesca) contro i “politici di classe” borghesi. Quest’odio di un rappresentante delle masse oppresse e sfruttate è in verità il “principio di ogni saggezza”, il fondamento di ogni movimento socialista e comunista e delle sue vittorie. Ma l’autore, evidentemente, non tiene conto del fatto che la politica è una scienza e un’arte che non cade dal cielo ma richiede uno sforzo , e che il proletariato, se vuol vincere la borghesia, deve formare da sé i propri “politici di classe”, proletari, che non siano peggiori dei politici borghesi.
105)L’autore della lettera ha ottimamente compreso che non il Parlamento, ma soltanto i Soviet operai possono essere lo strumento atto a raggiungere gli scopi del proletariato, e chi non ha ancora capito questo sono -certo- i peggiori reazionari, anche se è la persona più dotta, il politico più esperto, il socialista più sincero, il marxista più erudito, il cittadino e il padre di famiglia più onesto. Ma l’autore della lettera non pone neppure, non crede necessario porre la questione: è possibile condurre i Soviet alla vittoria sul Parlamento, senza introdurre in seno al Parlamento degli uomini politici “sovietici”? Senza disgregare il parlamentarismo dall’interno? Senza preparare in seno al Parlamento il successo dei Soviet nel compito che hanno di sciogliere il Parlamento? Eppure l’autore della lettera enuncia l’idea, del tutto giusta, che il partito comunista in Inghilterra deve agire su basi scientifiche. La scienza esige in primo luogo che si consideri l’esperienza degli altri paesi, soprattutto se questi altri paesi, anch’essi capitalistici, stanno compiendo o da poco hanno compiuto una esperienza molto simile; e, in secondo luogo, che si considerino tutte le forze, tutti i gruppi, partiti, classi, tutte le masse che agiscono in un dato paese, e che non si determini mai la politica soltanto in base ai desideri e alle opinioni, in base al livello raggiunto dalla coscienza e dalla preparazione alla lotta di un solo gruppo o partito.
106)Che gli Henderson, i Clynes, i Mac Donald, gli Snowden siano irrimediabilmente reazionari, è vero. Altrettanto vero è che essi vogliono prendere il potere nelle loro mani (pure preferendo, del resto, una coalizione con la borghesia), che essi vogliono “governare” secondo le vecchie norme borghesi, e che, una volta giunti al potere, si comporterebbero inevitabilmente come gli Scheidemann e i Noske. Tutto ciò è esatto; ma da questo non consegue affatto che l’appoggiarli sia un tradimento verso la rivoluzione; ne consegue invece che i rivoluzionari della classe operaia, nell’interesse della rivoluzione, devono accordare a questi signori un certo appoggio parlamentare. Per chiarire questo pensiero, prendo due recenti documenti politici inglesi: 1)il discorso del primo ministro Lloyd George del 18 marzo 1920 (secondo il testo pubblicato dal “Manchester Guardian del 19 marzo 1920) e 2)le considerazioni della comunista di “sinistra”, compagna Sylvia Pankhurst, nel suo articolo succitato.
107)Lloyd George, nel suo discorso, ha polemizzato con Asquith (che era stato espressamente invitato alla riunione, ma aveva rifiutato di andarvi) e con quei liberali che non vogliono la coalizione con i conservatori, ma un avvicinamento al Partito laburista. (Nella lettera del compagno Gallacher alla redazione abbiamo pure visto come si accenna al passaggio di alcuni liberali al Partito laburista indipendente). Lloyfd George ha tentato di dimostrare che è invece necessaria una coalizione dei liberali con i conservatori, e anzi una stretta coalizione, perché altrimenti potrebbe vincere il Partito laburista che Lloyd George preferisce chiamare “socialista” e che tende alla “proprietà collettiva” dei mezzi di produzione. “In Francia ciò si chiamava comunismo” -ha spiegato un forma popolare il capo della borghesia inglese ai suoi uditori, membri del partito parlamentare liberale, che verosimilmente fino allora non lo sapevano-; “in Germania si chiamava socialismo; in Russia si chiama bolscevismo”. E i liberali, per principio, non possono accettare questo -ha spiegato Lloyd George- perché i liberali sostengono, per principio, la proprietà privata. “la civiltà è in pericolo” -ha affermato l’oratore- e perciò i liberali e i conservatori devono unirsi…”
108)”…se vi recate nei collegi agricoli -ha detto Lloyd George- convengo che vi troverete le vecchie divisioni dei partiti che si sono conservate come erano prima. Là il pericolo è lontano. Là non ci sono pericoli. Ma quando il movimento arriverà fino ai circondari agricoli, il pericolo sarà tanto grande quanto lo è oggi in alcuni circondari industriali. I quattro quinti del nostro paese lavorano nell’industria e nel commercio; appena un quinto nell’agricoltura. Questa è una della circostanze ch’io ho sempre presente quando rifletto sui pericoli che l’avvenire ci riserba. In Francia la popolazione è dedita all’agricoltura, e si ha una solida base di opinioni ben definite, che non si sposta così rapidamente e che non è molto facile smuovere con un movimento rivoluzionario. Nel nostro paese le cose stanno diversamente. Il nostro paese può essere sconvolto più facilmente di qualsiasi altro paese del mondo, e se esso comincia a vacillare, il crollo, per i motivi sopra indicati, sarà più grave che negli altri paesi.”
109)Come il lettore vede, Lloyd George non è soltanto un uomo molto intelligente, ma anche un uomo che ha molto imparato dai marxisti. non sarà male che anche noi impariamo da Lloyd Geroge. E’ interessante notare anche il seguente episodio della discussione che si è svolta dopo il discorso di Lloyd Geroge:
110)”Signor Wallace: vorrei chiedere come il primo ministro giudica i risultati della sua politica nei circondari industriali verso gli operai dell’industria, molti dei quali sono ora liberali e dai quali riceviamo un appoggio così forte. Non è possibile che essa abbia come risultato un formidabile aumento delle forze del Partito laburista, grazie all’afflusso di operai che sono ora nostri sinceri sostenitori?”
“Il primo ministro: La mia opinione è tutt’altra. Il fatto che i liberali si combattano fra loro, spinge indubbiamente un numero assai rilevante di liberali a entrare per disperazione nel Partito laburista, dove trovate già un buon numero di liberali, uomini molto capaci, che oggi lavorano a screditare il governo. Il risultato è, senza dubbio, che nell’opinione pubblica si rafforza notevolmente il favore per il Partito laburista. L’opinione pubblica non si sposta verso i liberali, che stanno fuori del Partito laburista, ma verso il Partito laburista, come dimostrano elezioni parziali.”
111)Notiamo di sfuggita che questo ragionamento dimostra, in particolare, come gli uomini più intelligenti della borghesia cadano in errore e non possano non fare sciocchezze irreparabili. E questo perderà la borghesia. I nostri uomini, invece, possono anche fare delle sciocchezze (a condizione, è vero, che non siano molto grandi, e che siano corrette a tempo), e ciononostante, in fin dei conti, saranno vincitori.
112)L’altro documento politico consiste nelle seguenti considerazioni della comunista “di sinistra”, compagna Sylvia Pankhurst:
“…Il compagno Inkpin (segretario del Partito socialista britannico) chiama il Partito laburista “la principale organizzazione del movimento della classe operaia”. Un altro compagno del Partito socialista britannico, in una conferenza della III Internazionale, ha espresso con rilievo ancor maggiore l’opinione del Partito socialista britannico. Egli ha detto: “Noi consideriamo il Partito laburista come la classe operaia organizzata”.
“Noi non condividiamo questa opinione in merito al Partito laburista. Il Partito laburista è numericamente molto grande, benché i suoi membri, in gran parte, siano inerti e apatici; sono operai e operaie entrati nelle trade unions, perché i loro compagni di fabbrica sono tradunionisti e perché vogliono ricevere dei sussidi.
“Ma riconosciamo che la forza numerica del Partito laburista è anche dovuta al fatto che esso è una creazione di quella scuola di pensiero dai cui limiti la maggioranza della classe operaia britannica non è ancora uscita, benché si preparino grandi mutamenti nello spirito del popolo, il quale cambierà ben presto questa situazione…Il Partito laburista britannico, come le organizzazioni social/patriottiche degli altri paesi, nel corso della evoluzione naturale della società, giungerà inevitabilmente al potere. E’ compito dei comunisti predisporre le forze che abbatteranno i social/patrioti e, nel nostro paese, noi non dobbiamo né indugiare, né tentennare in questa attività…Noi non dobbiamo disperdere la nostra energia accrescendo le forze del Partito laburista: la sua ascesa al potere è inevitabile. Noi dobbiamo concentrare le mostre forze per creare un movimento comunista che lo vinca. Il Partito laburista costituirà tra breve il governo; l’opposizione rivoluzionaria deve essere pronta a sferrare l’attacco contro di esso…”.
113)Dunque la borghesia liberale rinuncia al sistema storico dei “due partiti” (di sfruttatori), consacrato da una esperienza secolare e straordinariamente vantaggioso per gli sfruttatori, ritenendo necessaria l’unificazione delle forze per la lotta contro il Partito laburista. Una parte dei liberali scappano, come topi da una nave che affonda, nel Partito laburista. I comunisti di sinistra ritengono inevitabile il passaggio del potere al Partito laburista e riconoscono che questo partito ha dietro di sé la maggioranza degli operai. Da ciò essi traggono la strana conclusione che la compagna Sylvia Pankhurst formula come segue:
“Il partito comunista non deve stringere compromessi…Esso deve mantenere pura la sua dottrina e immacolata la sua indipendenza dal riformismo; la sua missione è di andare avanti, senza fermarsi e senza deviare dal cammino, di seguire la via diritta verso la rivoluzione comunista”.
114)Al contrario, dal fatto che la maggioranza degli operai in Inghilterra segue ancora i Kerensky e gli Scheidemann inglesi, e non ha ancora sperimentato un governo costituito da quella gente -esperienza che si è dimostrata indispensabile in Germania e in Russia, per il passaggio in massa degli operai al comunismo- da questo fatto risulta sicuramente che i comunisti inglesi devono partecipare all’attività parlamentare, e che dall’interno del Parlamento devono aiutare le masse operaie a vedere in pratica i risultati del governo di Henderson e di Snowden, che essi devono aiutare gli Henderson e gli Snowden a vincere i Lloyd George e i Churchill coalizzati. Agire in modo diverso, significa intralciare la causa della rivoluzione; perché senza un cambiamento del modo di pensare della maggioranza della classe operaia la rivoluzione è impossibile, e questo cambiamento è un prodotto della esperienza politica delle masse e mai della sola propaganda. “Avanti, senza compromessi, senza deviare dal cammino”: quando è una minoranza della classe operaia, manifestamente impotente, che dice questo -una minoranza la quale sa (o in ogni caso dovrebbe sapere) che la maggioranza, entro breve tempo, a condizione che Henderson e Snowden riportino la vittoria su Lloyd George e Chuchill, rimarrà delusa dei suoi capi e verrà ad appoggiare il comunismo (o in ogni caso passerà alla neutralità e in gran parte a una neutralità benevola verso i comunisti), una simile parola d’ordine è evidentemente sbagliata. E’ proprio come se 10 mila soldati si gettassero nella battaglia contro un nemico di 50 mila uomini, mentre occorre “fermarsi”, “deviare dal cammino” e magari stringere dei “compromessi”, anche solo per attendere i 100 mila uomini di rinforzo che devono giungere ma che non sono ancora in grado di entrare subito in campo. Questa è una puerilità da intellettuali, ma non una tattica ponderata, da classe rivoluzionaria.
115)La legge fondamentale della rivoluzione, confermata da tutte le rivoluzioni e particolarmente da tutte e tre le rivoluzioni russe del secolo XX, consiste in questo: per la rivoluzione non è sufficiente che le masse sfruttate e oppresse siano coscienti dell’impossibilità di vivere come per il passato ed esigano dei cambiamenti; per la rivoluzione è necessario che gli sfruttatori non possano più vivere e governare come per il passato. Soltanto quando gli “strati inferiori” non vogliono più vivere come per il passato e gli “strati superiori” non possono più andare avanti come prima, soltanto allora la rivoluzione può vincere. In altri termini, questa verità si esprime così: la rivoluzione non è possibile senza una crisi di tutta la nazione (che coinvolga cioè sfruttati e sfruttatori). Per la rivoluzione bisogna, dunque, in primo luogo, che la maggioranza degli operai (o per lo meno la maggioranza degli operai coscienti, pensanti, politicamente attivi) comprenda pienamente la necessità della rivoluzione e sia pronta ad affrontare la morte per essa; in secondo luogo che le classi dirigenti attraversino una crisi di governo che trascini nella politica anche le masse più arretrate (l’indizio di ogni vera rivoluzione sta in questo, che tra le masse lavoratrici e sfruttate, apatiche fino a quel momento, il numero degli uomini atti alla lotta politica aumenta rapidamente di 10 e perfino di 100 volte), indebolisce il governo e renda possibile ai rivoluzionari il rapido rovesciamento di esso.
116)In Inghilterra, come si vede, tra l’altro, proprio dal discorso di Lloyd George, maturano manifestamente entrambe le condizioni di una rivoluzione proletaria vittoriosa. E gli errori da parte dei comunisti di sinistra sono ora doppiamente pericolosi, appunto perché si nota in alcuni rivoluzionari un atteggiamento non abbastanza meditato, non abbastanza attento, non abbastanza cosciente, non abbastanza ponderato verso ognuna di queste condizioni. Se noi non siamo un gruppo rivoluzionario, ma il partito della classe rivoluzionaria, se vogliamo attrarre al nostro seguito le masse (e senza di ciò rischiamo di restare semplicemente dei chiacchieroni), dobbiamo anzitutto aiutare Henderson o Snowden a battere Lloyd George e Chrchill (anzi , più esattamente: costringere i primi a battere i secondi, perché i primi hanno paura della propria vittoria!); in secondo luogo, dobbiamo aiutare la maggioranza della classe operaia a convincersi, per esperienza propria, che noi abbiamo ragione, ossia a convincersi che Henderson e Snowden non servono a nulla, che sono per natura dei piccolo/borghesi e dei traditori e che il loro fallimento è inevitabile; in terzo luogo, dobbiamo affrettare il momento in cui sulla base della delusione cagionata alla maggioranza degli operai dagli Henderson, divenga possibile, con seria probabilità di vittoria, buttar giù di colpo il governo degli Henderson, che si agiterà ancora più sconcertato se perfino LLoyd Geroge, intelligentissimo e ponderatissimo, non piccolo borghese, ma grande borghese, si dimostra del tutto sconcertato e indebolisce sempre più se stesso (e tutta la borghesia), ieri mediante i suoi “attriti” con Churchill, oggi mediante i suoi “attriti” con Asquith.
117)Parlerò in modo più concreto. I comunisti inglesi, secondo,me, devono unificare tutti i loro quattro partiti e gruppi (tutti molto deboli e alcuni deboli oltre ogni dire), in un solo partito comunista, sul terreno dei principi della III Internazionale e della partecipazione obbligatoria al Parlamento. Il Partito comunista propone agli Henderson e agli Snowden un “compromesso”, un accordo elettorale: marciamo insieme contro il blocco di Lllooyd George e dei conservatori; dividiamo i seggi parlamentari proporzionalmente al numero dei voti dagli operai al Partito laburista o ai comunisti (non nelle elezioni, ma in una votazione particolare); riserviamoci la più completa libertà di agitazione, di propaganda, di attività politica. Senza quest’ultima condizione, si intende, non si deve entrare nel blocco, perché sarebbe un tradimento: i comunisti inglesi devono assolutamente reclamare e conservare la piena libertà di smascherare gli Henderson e gli Snowden, così come l’ hanno reclamata e conservata i bolscevichi russi (per quindici anni, dal 1903 al 1917) rispetto agli Henderson e agli Snowden russi, cioè ai menscevichi.
118)Se gli Henderson e gli Snowden accetteranno il blocco a queste condizioni, noi avremo guadagnato, perché il numero dei seggi in parlamento non è per noi affatto importante, perché noi non diamo la caccia ai seggi parlamentari e su questo punto saremo arrendevoli (mentre gli Henderson e specialmente i loro nuovi amici -o i loro nuovi padroni-, i liberali, che sono passati al Partito laburista indipendente danno la caccia soprattutto ai seggi). Noi avremo guadagnato perché porteremo la nostra agitazione fra le masse nel momento in cui lo stesso Lloyd George le ha “messe in effervescenza”, e non soltanto aiuteremo il Partito laburista a formare più presto un proprio governo, ma aiuteremo anche le masse a comprendere più rapidamente tutta la nostra propaganda comunista, che condurremo contro gli Henderson senza limitazioni e senza reticenze.
119)Se gli Henderson e gli Snowden respingono il blocco con noi a queste condizioni, noi avremo guadagnato ancora di più, perché avremo mostrato senz’altro alle masse (si noti che perfino nel Partito laburista indipendente, schiettamente menscevico, del tutto opportunista, le masse sono per i Soviet) che gli Henderson preferiscono i propri buoni rapporti con i capitalisti all’unione di tutti i lavoratori. Avremo di colpo guadagnato agli occhi delle masse, le quali, specialmente dopo le brillanti spiegazioni di Lloyd George, molto giuste e molto utili (per il comunismo), simpatizzeranno per l’unione di tutti gli operai contro il blocco d LLoyd George con i conservatori. Avremo di colpo guadagnato perché avremo dimostrato davanti alle masse che gli Henderson e gli Snowden hanno paura di vincere Lloyd George, hanno paura di prendere da soli il potere e mirano in segreto a ottenere l’appoggio di Lloyd George, il quale porge apertamente la mano ai conservatori contro il Partito laburista. E’ utile notare che da noi, in Russia, la propaganda dei bolscevichi contro i menscevichi e i socialisti/rivoluzionari (cioè contro gli Henderson e gli Snowden russi) dopo la rivoluzione del 27/2/1917 (vecchio calendario) ebbe partita vinta appunto in seguito a un simile concorso di circostanze. Noi dicevamo ai menscevichi e ai socialisti/rivoluzionari: “prendete tutto il potere senza la borghesia, perché voi avete la maggioranza nei Soviet (al I Congresso dei Soviet di tutta la Russia del giugno 1917 i bolscevichi avevano soltanto il 13% dei voti). Ma gli Henderson e gli Snowden russi avevano paura di prendere il potere senza la borghesia; e quando la borghesia rinviava le elezioni per la Costituente perché sapeva benissimo che le elezioni avrebbero dato la maggioranza ai menscevichi e ai socialisti/rivoluzionari (gli uni e gli altri si erano uniti in un blocco politico strettissimo, e in realtà rappresentavano un’unica democrazia piccolo/borghese), i socialisti/rivoluzionari e i menscevichi non furono in grado di lottare energicamente e a fondo contro questi rinvii.
120)Se gli Henderson e gli Snowden rifiutassero il blocco coi comunisti, i comunisti si avvantaggerebbero subito conquistando la simpatia delle masse e screditando gli Henderson e gli Snowden; e se anche, in seguito a questo rifiuto, perdessimo qualche seggio in Parlamento, ciò non avrebbe per noi nessuna importanza. Noi ci limiteremmo a presentare i nostri candidati soltanto in un numero piccolissimo di collegi assolutamente sicuri, nei quali cioè la presentazione di candidature nostre non potrebbe portare alla vittoria del liberale contro il candidato laburista. Non condurremmo l’agitazione elettorale, diffonderemmo dei manifestini in favore del comunismo e, in tutti i collegi dove non vi fossero candidati nostri, inviteremmo a votare per il candidato laburista contro il borghese. I compagni Sylvia Pankhurst e Gallacher sbagliano quando vedono in questa linea di condotta un tradimento del comunismo o una rinuncia alla lotta contro i social/traditori. Al contrario, la causa della rivoluzione comunista se ne avvantaggerebbe senza dubbio.

*Le elezioni all’Assemblea costituente in Russia nel novembre 1917, secondo le cifre che si riferiscono a circa 36 milioni di elettori, diedero infatti il 25% dei voti ai bolscevichi, il 13% ai vari partiti dei proprietari fondiari e della borghesia, e il 62% alla democrazia piccolo borghese, cioè ai socialisti/rivoluzionari, ai menscevichi e ad altri piccoli gruppi a loro affini. (nota di Lenin)

121)Oggi, per i comunisti inglesi, è spesso molto difficile perfino accostare le masse, perfino indurre le masse ad ascoltarli. Se io mi presento come comunista e dichiaro che invito a votare per Henderson contro Lloyd George, certamente mi si ascolterà. E potrò non soltanto spiegare in forma popolare perché i Soviet sono migliori del Parlamento e la dittatura del proletariato è migliore della dittatura di Churchill (mascherata dall’insegna della “democrazia” borghese), ma potrò anche spiegare che io vorrei sostenere Henderson col mio voto, proprio come la corda sostiene l’impiccato; che l’avvicinarsi del momento in cui gli Henderson formeranno un governo loro proprio, dimostrerà che io ho ragione, avrà per effetto di attirare le masse dalla mia parte, affretterà la morte politica degli Henderson e degli Snowden, proprio come è avvenuto con i loro simili in Russia e in Germania.
122)E se mi si obietta: questa è una tattica troppo “astuta” e troppo complicata, le masse non la comprenderanno, essa disperderà e spezzetterà le nostre forze, ci impedirà di concentrarle per la rivoluzione sovietica,ecc., io risponderò a questi contraddittori “di sinistra”: non riversate sulle masse il vostro dottrinarismo! In Russia la cultura delle masse è certamente più bassa e non più alta che in Inghilterra. E ciò nondimeno le masse hanno capito i bolscevichi; e se i bolscevichi alla vigilia della rivoluzione sovietica, nel settembre 1917, hanno preparato le liste dei loro candidati al Parlamento borghese (Assemblea costituente) e l’indomani della rivoluzione sovietica, nel novembre 1917, hanno fatto le elezioni per quella stessa Assemblea costituente, che poi essi avrebbero disperso il 5 gennaio 1918, questa circostanza non è stata di ostacolo ma anzi di aiuto ai bolscevichi.
123)Non posso indugiarmi qui sul secondo dissenso che esiste tra i comunisti inglesi e che consiste nel dilemma: aderire o no al Partito laburista. Troppo scarsa è la documentazione di cui dispongono riguardo a questo problema, che è particolarmente complicato in conseguenza della straordinaria originalità del “Partito laburista” britannico, troppo dissimile per la sua stessa struttura dai partiti politici abituali del continente europeo. Ma è certo, in primo luogo, che anche in questa questione sbaglia inevitabilmente chiunque si metta in testa di dedurre la tattica del proletariato rivoluzionario da principi come questi: “Il partito comunista deve mantenere pura la sua dottrina e immacolata la sua indipendenza dal riformismo; la sua missione è di andare avanti, senza fermarsi e senza deviare dal cammino, di seguire la via diritta che porta alla rivoluzione comunista”. Giacché tali principi sono soltanto una ricaduta nell’errore dei comunardi blanquisti francesi, i quali, nel 1874, proclamarono la “negazione” di qualsiasi compromesso e di qualsiasi “stazione intermedia”. In secondo luogo, è certo che il compito consiste, in questo caso, come sempre, nel sapere applicare i principi generali e fondamentali del comunismo a quella peculiarità dei rapporti fra le classi e i partiti, a quella peculiarità nello sviluppo obiettivo verso il comunismo, che è propria di ogni singolo paese e che bisogna sapere studiare, trovare, indovinare.
Ma di ciò conviene parlare non soltanto in rapporto col comunismo inglese, ma in rapporto con le conclusioni generali concernenti lo sviluppo del comunismo in tutti i paesi capitalistici. E passiamo a questo argomento.
10.Alcune conclusioni
124)La rivoluzione borghese russa del 1905 mise in luce una svolta straordinariamente originale della storia del mondo: in uno dei paesi capitalisti più arretrati, per la prima volta nel mondo, l’ondata degli scioperi raggiunse una estensione e una forza senza precedenti. Nel solo primo mese del 1905, il numero degli scioperanti sorpassò di 10 volte il numero medio annuo degli scioperanti nei 10 anni precedenti (1895-1904), e dal gennaio all’ottobre 1905 gli scioperi crebbero ininterrottamente e in misura prodigiosa. Sotto l’influenza di una serie di condizioni storiche peculiarissime, la Russia arretrata mostrò per prima a tutto il mondo, non soltanto un salto repentino nella crescita dell’attività spontanea delle masse oppresse durante la rivoluzione (ciò è avvenuto in tutte le grandi rivoluzioni), ma anche l’importanza del proletariato, infinitamente maggiore della sua proporzione numerica rispetto alla popolazione, la combinazione dello sciopero economico con lo sciopero politico, con la trasformazione di quest’ultimo in insurrezione armata, la nascita di una nuova forma di lotta di massa e di organizzazione di massa delle classi oppresse dal capitalismo: i Soviet.
125)Le rivoluzioni del Febbraio e dell’Ottobre 1917 portarono i Soviet a svilupparsi in tutti i sensi su scala nazionale, e poi li portarono fino alla loro vittoria nella rivoluzione proletaria, socialista. E in meno di due anni si palesò il carattere internazionale dei Soviet, l’estensione di questa forma di lotta e di organizzazione al movimento operaio di tutto il mondo, la missione storica dei Soviet, che è quella di essere i becchini, gli eredi, i successori del parlamentarismo borghese, della democrazia borghese in generale.
126)E questo non basta. La storia del movimento operaio mostra oggi che, in tutti i paesi, esso deve apprestarsi (e ha già cominciato) a passare attraverso la lotta del comunismo nascente, che si rafforza marcia verso la vittoria, anzitutto e soprattutto contro il proprio (di ogni paese) “menscevismo”, cioè contro l’opportunismo e il social/sciovinismo; in secondo luogo -e, per così dire, come supplemento- contro il comunismo “di sinistra”. La prima lotta si è sviluppata in tutti i paesi, a quanto pare senza nessuna eccezione, come lotta tra la II Internazionale (oggi di fatto già uccisa) e la III Internazionale. La seconda lotta si può osservarla in Germania, in Inghilterra, in Italia, in America (in tutti i casi una certa parte degli “Operai industriali del mondo” e delle correnti anarco/sindacaliste propugna gli errori del comunismo di sinistra, con il riconoscimento quasi generale, quasi unanime del sistema dei Soviet), in Francia (atteggiamento di una parte degli ex sindacalisti verso il partito politico e il parlamentarismo, sempre però con il riconoscimento del sistema sovietico), cioè, indubbiamente, non soltanto in alcuni paesi, ma in tutto il mondo.
127)Ma benché la scuola preparatoria, che conduce il movimento operaio alla vittoria sulla borghesia, sia in fondo dappertutto la medesima, questo sviluppo si compie a suo modo in ogni paese. Inoltre, i grandi paesi capitalisti avanzati percorrono questa via assai più rapidamente del bolscevismo, il quale ha ottenuto dalla storia un periodo di quindici anni per prepararsi alla vittoria come corrente politica organizzata. La III Internazionale, nel breve termine di un anno, ha già riportato una vittoria decisiva, ha battuto la II Internazionale gialla e social/sciovinista, che soltanto alcuni mesi fa era incomparabilmente più forte della Internazionale Comunista, sembrava salda e potente, approfittava di ogni genere di aiuti diretti e indiretti, materiali (posti ministeriali, passaporti, stampa) e ideologici della borghesia mondiale.
128)Ora tutto sta nell’ottenere che i comunisti di ciascun paese tengano conto, con piena coscienza, tanto dei problemi fondamentali di principio della lotta contro l’opportunismo e contro il dottrinarismo “di sinistra”, quanto delle particolarità concrete che questa lotta assume e deve immancabilmente assumere in ogni singolo paese, in conformità coi tratti originali della sua economia, della sua politica, della sua cultura, della sua composizione nazionale (Irlanda, ecc.), delle sue colonie, delle sue divisioni religiose, ecc.,ecc. Dappertutto si fa sentire e cresce e si sviluppa il malcontento contro la II Internazionale, sia a causa del suo opportunismo, sia a causa della sua inettitudine o incapacità di creare un centro che meriti effettivamente questo nome, effettivamente dirigente, capace di guidare la tattica internazionale del proletariato rivoluzionario nella sua lotta per la repubblica sovietica del mondo. E’ necessario rendersi chiaramente conto che un tale centro dirigente non può in nessun caso venire costituito su un modello stereotipato, sulla parificazione meccanica, sulla uniformità delle regole tattiche di lotta. Finché sussistono differenze – che dureranno ancora a lungo, molto a lungo, anche dopo la realizzazione della dittatura del proletariato su scala mondiale- l’unità della tattica internazionale del movimento operaio comunista di tutti i paesi esige non l’eliminazione delle diversità, non la soppressione delle differenze nazionali (nel momento attuale ciò sarebbe balorda fantasticheria), ma una applicazione dei principi fondamentali del comunismo (potere dei Soviet e dittatura del proletariato) tale che modifichi giustamente nei particolari detti principi, li adoperi giustamente e li adatti alle diversità nazionali e nazionali/statali. Ricercare, studiare, discernere, indovinare e cogliere le particolarità nazionali e ciò che vi è di specificatamente nazionale nel modo concreto che ciascun paese ha nell’affrontare la soluzione del compito internazionale unico per tutti, cioè la vittoria sull’opportunismo e sul dottrinarismo di sinistra nell’interno del movimento operaio, l’abbattimento della borghesia, l’instaurazione della repubblica dei Soviet e della dittatura proletaria: questo è il compito capitale dell’attuale momento storico in tutti i paesi progrediti (e non soltanto in quelli progrediti). L’essenziale -naturalmente è ancora molto e molto lontano dall’esser tutto, ma è l’essenziale- è già stato fatto con l’attrazione dell’avanguardia della classe operaia, col suo passaggio dalla parte del potere dei Soviet contro il parlamentarismo, dalla parte della dittatura del proletariato contro la democrazia borghese. Ora occorre concentrare tutte le forze, tutta l’attenzione sul passo successivo che sembra meno importante -e da un certo punto di vista lo è effettivamente- ma che invece è più vicino alla soluzione pratica del compito, e cioè sulla ricerca delle forma di transizione alla rivoluzione proletaria e delle forme per affrontare questo compito.
129)L’avanguardia proletaria è ideologicamente conquistata. Questo è l’essenziale. Senza ciò non si può fare nemmeno il primo passo verso la vittoria. Ma di qui alla vittoria la distanza è ancora grande. Con la sola avanguardia non si può vincere. Gettare la sola avanguardia nella battaglia decisiva, prima che tutta la classe, prima che le grandi masse abbiano preso una posizione o di appoggio diretto dell’avanguardia o, almeno, di benevola neutralità nei suoi riguardi e di completa incapacità di appoggiare i suoi avversari, non sarebbe soltanto una sciocchezza, ma anche un delitto. Ma affinché effettivamente tutta la classe, affinché effettivamente le grandi masse dei lavoratori e degli oppressi dal capitale giungano a prendere tale posizione, la sola propaganda, la sola agitazione non bastano. Per questo è necessaria l’esperienza politica delle masse stesse. Tale è la legge fondamentale di tutte le grandi rivoluzioni, confermata oggi con una forza e un rilievo impressionanti, non solo dalla Russia, ma anche dalla Germania. Non soltanto le masse russe incolte, spesso analfabete, ma anche le masse tedesche, altamente colte e senza analfabeti, hanno dovuto sperimentare a loro spese tutta l’impotenza, tutta la mancanza di carattere, tutta l’incapacità, tutto il servilismo davanti alla borghesia, tutta la bassezza del governo dei paladini della II Internazionale, tutta l’inevitabilità della dittature dei reazionari estremi (Kornilov in Russia, Kapp e consorti in Germania) come unica alternativa alla dittatura del proletariato per svoltare risolutamente verso il comunismo.
130)Il compito attuale dell’avanguardia cosciente nel movimento operaio internazionale, cioè il compito dei partiti, delle correnti, dei gruppi comunisti, sta nel saper condurre le grandi masse (oggi ancora, nel maggior numero dei casi, sonnolente, apatiche, abitudinarie, inerti, non ancora risvegliate) verso questa loro nuova posizione o, meglio, nel saper guidare, non soltanto il proprio partito, ma anche queste masse durante il loro avvicinamento, il loro passaggio alla nuova posizione. Se non si è potuto adempiere al primo compito storico (attrarre l’avanguardia cosciente del proletariato dalla parte del regime dei Soviet e della dittatura della classe operaia) senza una piena vittoria ideologica e politica sull’opportunismo e sul social/sciovinismo, non si potrà adempiere al secondo compito – che è all’ordine del giorno e che consiste nel saper condurre le masse sulla nuova posizione, atta ad assicurare la vittoria dell’avanguardia nella rivoluzione- senza liquidare il dottrinarismo di sinistra, senza superare completamente i suoi errori, senza liberarsi di essi.
131)Finché si trattava (e in quanto ancora si tratta) di attrarre dalla parte del comunismo l’avanguardia dl proletariato, il primo posto spetta alla propaganda. In questo caso, anche i circoli, con tutte le debolezze proprie di questo genere di organizzazione, sono utili e danno risultati fruttuosi. Quando si tratta dell’azione pratica delle masse, quando si tratta di schierare -mi si passi l’espressione- eserciti di milioni di uomini, di disporre tutte le forze di classe di una data società per l’ ultima decisiva battaglia, allora, con i soli metodi della propaganda, con la sola ripetizione delle verità del comunismo “puro”, non si ottiene nulla. In questo caso non si deve contare a migliaia, come in sostanza conta il propagandista, membro di un gruppo ristretto, che non ha ancora diretto le masse, ma si deve contare a milioni e a decine di milioni. In questo caso non dobbiamo soltanto chiederci se abbiamo persuaso l’avanguardia della classe rivoluzionaria, ma anche se le forze storicamente operanti di tutte le classi, di tutte assolutamente le classi di una data società, senza eccezione, sono disposte in modo che la battaglia decisiva sia già del tutto matura, in modo: 1) che tutte le forze di classe che ci sono ostili si siano sufficientemente imbrogliate, si siano sufficientemente azzuffate fra loro, si siano sufficientemente indebolite in una lotta superiore alle loro forze; 2) che, a differenza della borghesia, tutti gli elementi intermedi, esitanti, vacillanti, instabili, e cioè la piccola borghesia, la democrazia piccolo borghese, si siano sufficientemente smascherati davanti al popolo, si siano sufficientemente screditati col loro fallimento all’atto pratico; 3) che nel proletariato sia sorta e si sia potentemente affermata una tendenza di massa ad appoggiare le azioni rivoluzionarie più decise, più coraggiose contro la borghesia. Allora la rivoluzione è davvero matura, allora, se abbiamo tenuto nel debito conto tutte le condizioni sopra enunciate e brevemente tratteggiate e se abbiamo scelto bene il momento, la nostra vittoria è sicura.
132)I dissensi tra i Churchill e i Lloyd George da una parte (questi tipi politici si trovano in tutti i paesi con differenze nazionali trascurabili) e, dall’altra parte, i dissensi fra gli Henderson e i Lloyd George, sono del tutto privi di importanza, sono una piccola cosa dal punto di vista del comunismo puro, cioè astratto, cioè non ancora maturo per l’azione pratica, politica, di massa. Ma, dal punto di vista di questa azione pratica delle masse, questi dissensi sono estremamente importanti. Tutto il compito, tutta l’opera del comunista che voglia essere non soltanto un propagandista cosciente, convinto, fedele ai principi, ma anche un dirigente pratico della masse nella rivoluzione, consiste nel tener conto di questi dissensi, nel determinare il momento in cui, tra questi “amici” giungono a piena maturazione gli inevitabili conflitti che indeboliscono ed estenuano tutti quanti gli “amici” messi insieme. Bisogna unire la più severa dedizione alle idee del comunismo con la capacità di addivenire a tutti i compromessi pratici necessari, di manovrare e di patteggiare, di procedere a zigzag, di ritirarsi e così via, per affrettare la realizzazione e il superamento del potere politico degli Henderson (degli eroi della II Internazionale, se non si vuole personalizzare; dei rappresentanti della democrazia piccolo borghese, che si proclamano socialisti); per affrettarne l’inevitabile bancarotta nella pratica, la quale educa le masse appunto secondo il nostro spirito, appunto nella direzione del comunismo; per affrettare gli inevitabili attriti, litigi, conflitti, la rottura completa fra gli Henderson, i Lloyd George, i Churchill (fra i menscevichi e i socialisti/rivoluzionari, i cadetti e i monarchici; fra gli Scheidemann, la borghesia, i seguaci di Kapp, ecc.) e per scegliere giustamente il momento della massima disgregazione fra tutti questi “puntelli della sacra proprietà privata”, al fine di batterli tutti con un risoluto attacco del proletariato e conquistare il potere politico.
133) La storia in generale, la storia delle rivoluzioni in particolare, è sempre più ricca di contenuto, più varia, più multilaterale, più viva, più “astuta” di quanto immaginino i migliori partiti, le più coscienti avanguardie delle classi più avanzate. E ciò si comprende, giacché le migliori avanguardie rappresentano la coscienza, la volontà, le passioni, la fantasia di decine di migliaia di uomini; ma la rivoluzione viene attuata in un momento di slancio eccezionale e di eccezionale tensione di tutte le facoltà umane, dalla coscienza, dalla volontà, dalle passioni, dalla fantasia di molte decine di milioni di uomini spronati dalla più aspra lotta di classe. Di qui discendono due importantissime conclusioni pratiche. La prima è che la classe rivoluzionaria, per adempiere al suo compito, deve sapersi rendere padrona di tutte le forme o di tutti i lati, senza la minima eccezione, dell’attività sociale (e condurre a termine, dopo la conquista del potere politico, e talvolta con grande rischio e grandissimo pericolo, quel che non era riuscita a terminare prima); la seconda è che la classe rivoluzionaria deve essere pronta alla sostituzione più rapida e inattesa di una forma con l’altra.
134)Tutti converranno che non è ragionevole o è perfino delittuosa la condotta di un esercito che non si prepari ad essere padrone di tutte le specie di armi, di tutti i mezzi e di tutti i metodi di lotta che il nemico ha o può avere. Ma ciò vale ancor più per la politica che per le cose militari. In politica sono ancora minori le possibilità di sapere anticipatamente quale mezzo di lotta sarà utile e adatto per noi nelle varie circostanze future. Se non siamo padroni di tutti i mezzi di lotta, possiamo subire una sconfitta terribile -talvolta perfino decisiva- qualora mutamenti, indipendenti dalla nostra volontà, nella situazione delle altre classi, mettano all’ordine del giorno una forma di attività nella quale noi siamo particolarmente deboli. Se siamo padroni di tutti i mezzi di lotta, vinceremo sicuramente, giacché rappresentiamo gli interessi della classe effettivamente avanzata, effettivamente rivoluzionaria, anche se le circostanze non ci permetteranno di adoperare le armi più pericolose per il nemico, le armi che assestano con maggiore rapidità colpi mortali. Sovente i rivoluzionari inesperti pensano che i mezzi legali di lotta siano opportunisti perché in questo campo la borghesia ha ingannato e beffato con maggiore frequenza gli operai (soprattutto nei periodi “pacifici”, non rivoluzionari), e che invece i mezzi illegali siano rivoluzionari. Ma non è vero. Quel che è vero è che i partiti e i capi i quali non sanno o non vogliono (non dite: non posso, dite: non voglio) adoperare i mezzi di lotta illegali in circostanze come quelle, per esempio, della guerra imperialista del 1914-1918, quando la borghesia dei paesi democratici più liberi ingannava gli operai con inaudita sfacciataggine e ferocia e impediva di dire la verità sul carattere brigantesco della guerra, sono opportunisti e traditori della classe operaia. Ma i rivoluzionari che non sanno combinare le forme illegali di lotta con tutte le forme legali, sono pessimi rivoluzionari. Non è difficile essere un rivoluzionario quando la rivoluzione è già scoppiata e divampa, quando tutti aderiscono alla rivoluzione, per una semplice inclinazione, per moda, talvolta anche per ragioni di carriera personali. Poi, dopo la vittoria, il proletariato si deve “liberare” di questi rivoluzionari mancati, a costo di fatiche durissime, di sofferenze, si può dire, di veri martirii. E’ cosa molto più difficile -e molto più preziosa- saper essere rivoluzionari quando non esistono ancora le condizioni per una lotta diretta, aperta, effettivamente di massa, effettivamente rivoluzionaria; saper propugnare gli interessi della rivoluzione (con la propaganda, con l’agitazione, con l’organizzazione) nelle istituzioni non rivoluzionarie, sovente addirittura reazionarie, in un ambiente non rivoluzionario, fra una massa incapace di comprendere subito la necessità del metodo rivoluzionario di azione. Saper trovare, sentire, determinare giustamente una via concreta, o una particolare svolta degli avvenimenti che avvicini la masse all’ultima, grande lotta rivoluzionaria effettiva e decisiva, questo è il compito principale del comunismo contemporaneo nell’Europa occidentale e nell’America.
135)Un esempio: l’Inghilterra. Noi non possiamo sapere -e nessuno è in grado di determinare in anticipo- quanto sia prossimo il momento nel quale una vera e propria rivoluzione proletaria divamperà in Inghilterra, e quale sarà il motivo che più di tutti risveglierà, infiammerà, e spingerà alla battaglia le grandi masse, oggi ancora assopite. Siamo perciò costretti a condurre tutto il nostro lavoro preparatorio in modo da essere ben ferrati a tutte e quattro le zampe (come diceva volentieri il defunto Plekhanov, quando era ancora marxista e rivoluzionario). E’ possibile che “apra la breccia”, “rompa il ghiaccio” una crisi parlamentare; o invece un crisi scaturita dalla inestricabili contraddizioni coloniali e imperialiste, che sempre più si accumulano e si acuiscono dolorosamente, oppure un qualsiasi terzo caso, ecc. Noi non parliamo del carattere della lotta che deciderà le sorti della rivoluzione proletaria in Inghilterra (questa questione non suscita dubbi in nessun comunista; essa per noi tutti è risolta, e fermamente risolta), ma parliamo del motivo che spingerà le masse proletarie, oggi ancora assopite, a mettersi in moto, e che le condurrà sino al limitare della rivoluzione. Non dimentichiamo, per esempio, che nella repubblica borghese francese, in una situazione la quale, dal punto di vista internazionale e dal punto di vista interno, era cento volte meno rivoluzionaria di quella odierna, bastò un motivo “inatteso”, “piccolo”, come una delle mille e mille azioni disoneste del militarismo reazionario (l’affare Dreyfus), per portare il popolo a un passo dalla guerra civile!
136)I comunisti in Inghilterra devono utilizzare continuamente, con perseveranza, con fermezza, le elezioni al Parlamento e tutte le vicende della politica irlandese, coloniale, imperialista su scala mondiale del governo britannico, e tutti gli altri campi, le altre sfere, gli altri lati della vita sociale, e lavorare dappertutto in modo nuovo, alla maniera comunista, non nello spirito della II , ma della III Internazionale. Mancano qui il tempo e lo spazio per descrivere i metodi della partecipazione “russa”, “bolscevica” alle elezioni parlamentari e alla lotta parlamentare, ma posso assicurare i comunisti stranieri che quella nostra partecipazione non assomigliava affatto alle solite campagne parlamentari dell’Europa occidentale. Di qui si trae spesso la conclusione seguente: “Sta bene, da voi, in Russia, le cose andavano così, ma da noi il parlamentarismo è diverso”. Questa conclusione è sbagliata. I comunisti, i fautori della III Internazionale in tutti i paesi, sono al mondo appunto per trasformare su tutta la linea, in tutti i campi della vita, il vecchio lavoro socialista, tradunionista, sindacalista, parlamentare, in un nuovo lavoro, in un lavoro comunista. Le manifestazioni opportunistiche, schiettamente borghesi, i casi di affarismo e di truffa capitalistica abbondavano sempre anche nelle nostre elezioni. I comunisti nell’Europa occidentale in America devono imparare a creare un parlamentarismo nuovo, diverso da quello abituale, non opportunistico, non carrierista: il partito dei comunisti lanci le sue parole d’ordine; i veri proletari, con l’aiuto della povera gente non organizzata e completamente schiacciata, diffondano e distribuiscano dei manifestini, visitino le abitazioni degli operai, facciano il giro delle capanne dei proletari agricoli e dei casolari sperduti dei contadini (per fortuna in Europa i villaggi sperduti sono molto meno numerosi che da noi, e in Inghilterra ve ne sono pochissimi), penetrino nelle osterie più popolari, si introducano nei sindacati, nelle società, nelle adunanze occasionali più schiettamente popolari, parlino al popolo, non come dei dotti (e non in forma troppo parlamentare), non diano per nulla la caccia al “posticino” in Parlamento, ma sveglino dappertutto il pensiero, attraggano le masse, prendano in parola la borghesia, utilizzino l’apparato da esso creato, le elezioni da essa indette, gli appelli da essa rivolti a tutto il popolo, facciano conoscere il bolscevismo al popolo come non si è mai riusciti a farlo conoscere (sotto il dominio della borghesia) se non nei periodi elettorali (eccezione fatta, si intende, nel periodo dei grandi scioperi, durante i quali questo identico apparato per l’agitazione fra tutto il popolo lavorava da noi con una intensità ancor maggiore). Far questo nell’Europa occidentale e in America è cosa molto difficile, difficilissima, ma si può e si deve farlo, poiché, in generale, i compiti del comunismo non possono venire adempiuti senza fatica, e bisogna faticare per adempiere i compiti pratici, sempre più multiformi, sempre più collegati con tutti i rami della vita sociale e sempre più atti a strappare un ramo dopo l’altro, un campo dopo l’altro dalle mani della borghesia.
137)Nella stessa Inghilterra bisogna anche impostare in maniera nuova (non alla maniera socialista, ma alla maniera comunista, non alla maniera riformista, ma alla maniera rivoluzionaria) il lavoro di propaganda, di agitazione, di organizzazione nell’esercito e fra le nazionalità oppresse e menomate dei loro diritti in seno al “proprio” Stato (Irlanda, colonie). Perché in tutti questi campi della vita sociale, nell’epoca dell’imperialismo in generale e sopratutto dopo la guerra, che ha estenuato i popoli e ha aperto loro rapidamente gli occhi alla verità (e precisamente a questa: che decine di milioni di uomini sono stati uccisi e mutilati soltanto per decidere se dovevano essere i predoni inglesi o quelli tedeschi a spogliare una maggior numero di paesi), in tutti questi campi della vita sociale si accumulano in grande quantità materie infiammabili e si crea un numero particolarmente grande di motivi di conflitti, di crisi, di inasprimento della lotta di classe. Noi non sappiamo, né possiamo sapere quale scintilla – fra le innumerevoli scintille che ora si sprigionano in tutti i paesi sotto l’influsso della crisi economica e politica mondiale- sarà in grado di far scoppiare l’incendio, nel senso di un risveglio eccezionale della masse , e abbiamo quindi l’obbligo di metterci, con i nostri principi nuovi, comunisti, a “lavorare” in tutti i campi, di qualsiasi genere, anche nei più vecchi, nei più rancidi e apparentemente infecondi, perché altrimenti non saremo all’altezza del compito, non saremo poliedrici, non saremo padroni di tutte le specie di armi, non ci prepareremo né alla vittoria sulla borghesia (che ha organizzato -e ora alla maniera borghese disorganizza- tutti gli aspetti della vita pubblica), né alle imminente riorganizzazione comunista di tutta la vita dopo questa vittoria.
138)Dopo la rivoluzione proletaria in Russia e le vittorie inattese – per la borghesia e per i filistei- riportate da questa rivoluzione su scala internazionale, il mondo intero è oggi cambiato, e anche la borghesia è cambiata dappertutto. Essa è impaurita dal “bolscevismo”, è furibonda contro di esso fin quasi alla follia e, appunto per questo, da una parte affretta lo sviluppo degli avvenimenti e, dall’altra, rivolge tutta la sua attenzione al soffocamento violento del bolscevismo, indebolendo, con ciò stesso, le proprie posizioni in un buon numero di altri campi. Di ambedue queste circostanze i comunisti di tutti i paesi progrediti devono tener conto nella loro tattica.
139)Quando i cadetti russi e Kerensky scatenarono una caccia feroce contro i bolscevichi -specialmente nell’aprile 1917 e ancor più nel giugno e nel luglio 1917- essi “passarono la misura”. Milioni di copie di giornali borghesi che urlavano su tutti i toni contro i bolscevichi, contribuivano a spingere le masse a dare il loro giudizio sul bolscevismo, e ciò mentre, oltre la stampa, tutta la vita pubblica, proprio grazie allo “zelo” della borghesia, echeggiava di discussioni intorno al bolscevismo. Oggi, su scala internazionale, i milionari di tutti i paesi si comportano in modo tale, che noi dobbiamo essere loro riconoscenti di tutto cuore. Essi perseguitano il bolscevismo con lo stesso zelo col quale lo perseguitavano Kerensky e compagni; anche essi “passano la misura” e ci aiutano così come Kerensky ci ha aiutati. Quando la borghesia francese mette il bolscevismo al centro della sua agitazione elettorale e accusa di bolscevismo dei socialisti relativamente moderati o tentennati; quando la borghesia americana perdendo completamente la testa, imprigiona migliaia e migliaia di persone per sospetto di bolscevismo e crea un’atmosfera di panico, diffondendo dappertutto notizie di congiure bolsceviche; quando la borghesia inglese, la borghesia più “solida” del mondo, malgrado tuta la sua prudenza, la sua esperienza, commette incredibili sciocchezze, fonda ricchissime “società per la lotta contro il bolscevismo”, crea una letteratura speciale sul bolscevismo recluta per la lotta contro il bolscevismo un numero supplementare di dotti, di agitatori, di preti, noi dobbiamo inchinarci e ringraziare i signori capitalisti. Essi lavorano per noi. Essi ci aiutano a interessare le masse alle questioni dell’essenza e del significato del bolscevismo. E non possono fare diversamente, perché ormai non sono riusciti a “passare sotto silenzio”, a soffocare il bolscevismo.
140)Ma, nello stesso tempo, la borghesia vede quasi uno solo dei lati del bolscevismo: l’insurrezione, la violenza, il terrore; e perciò la borghesia si sforza di prepararsi particolarmente alla difesa e alla resistenza in questo campo. E’ possibile che in singoli casi, in singoli paesi, per un breve periodo di tempo essa vi riesca: bisogna tener conto di questa eventualità e non c’è proprio nulla di terribile per noi se essa potrà riuscirvi. Il comunismo “prorompe” vigorosamente da tutti i lati della vita pubblica; i suoi germi si trovano dappertutto; l’ “infezione” (per impiegare l’espressione preferita dalla borghesia e dalla polizia borghese e il paragone che ad esse è più “gradito”) è penetrata fortemente nell’organismo e tutto lo ha impregnato. Se si “ostruisce” con particolare diligenza un’uscita, l’infezione ne trova un’altra, magari la più inattesa. La vita fa valere i suoi diritti. La borghesia può dibattersi, infuriarsi fino alla follia, può esagerare, può commettere sciocchezze, può vendicarsi anticipatamente dei bolscevichi e ammazzare a centinaia, a migliaia, a centinaia di migliaia i bolscevichi di ieri e di domani (in India, in Ungheria, in Germania, ecc.). Con questo suo modo di agire, la borghesia fa ciò che fecero nel passato tutte le classi condannate a morte dalla storia. I comunisti devono sapere che, in ogni caso, l’avvenire appartiene loro, e quindi noi possiamo (e dobbiamo) unire alla massima passione nelle grande lotta rivoluzionaria, la valutazione più fredda e spassionata dei colpi furiosi della borghesia. La rivoluzione russa fu crudelmente battuta nel 1905; i bolscevichi russi furono sconfitti nel luglio 1917; più di 15mila comunisti tedeschi furono uccisi in seguito all’abile provocazione e alle astute manovre di Scheidemann e di Noske, in combutta con la borghesia e i generali monarchici; in Finlandia e in Ungheria infuria il terrore bianco. Ma in tutti i casi e in tutti i paesi, il comunismo si tempra e cresce; le sue radici sono così profonde, che le persecuzioni non lo indeboliscono, non lo spossano, ma lo rafforzano. Per avviarci più sicuri e più saldi alla vittoria, ci manca una cosa sola: e cioè che tutti i comunisti di tutti i paesi acquistino la coscienza meditata a fondo della necessità di essere quanto più possibile flessibili nella loro tattica. Al comunismo che si sviluppa rigogliosamente, specialmente nei paesi più progrediti, manca ora questa coscienza la capacità di applicarla nella pratica.
141)Un utile insegnamento potrebbe (e dovrebbe) essere ciò che è avvenuto con i capi della II Internazionale, con dei marxisti così sapienti e così devoti al socialismo, come Kautsky, Otto Bauer e altri. Essi erano pienamente coscienti della necessità di una tattica flessibile, avevano studiato e insegnato agli altri la dialettica marxista (e molto di quanto essi hanno fatto a questo riguardo rimarrà per sempre prezioso patrimonio della letteratura socialista); ma nell’applicazione di questa dialettica hanno commesso un tale errore, ovvero nella pratica si sono dimostrati così non dialettici, si sono dimostrati così incapaci di valutare il rapido mutare delle forme e il rapido impregnarsi nella vecchia forma di un nuovo contenuto, che la loro destino non è molto più invidiabile della sorte di Hyndmann, di Guesde, di Plekhanov. La causa principale della loro bancarotta sta nel fatto che essi “sono rimasti in contemplazione” di una determinata forma di sviluppo del movimento operaio e del socialismo, hanno dimenticato che quella forma è unilaterale, hanno avuto paura di assistere alla brusca svolta che era divenuta inevitabile a causa della condizioni obiettive, e hanno continuato a ripetere verità semplici e risapute, a prima vista incontestabili: tre è maggiore di due. Ma la politica assomiglia più all’algebra e all’aritmetica e più ancora alla matematica superiore che alla matematica elementare. In realtà, tutte le vecchie forme del movimento socialista si erano impregnate di un nuovo contenuto; davanti alle cifre era perciò comparso un nuovo segno: il “meno”. Mai i nostri sapientoni continuavano (e continuano tuttora ad affermare a sé e agli altri che “-3” è più di “-2”.
142)Bisogna sforzarsi di evitare che i comunisti ripetano, sia pure nelle direzione opposta, gli stessi errori; o meglio , bisogna sforzarsi di correggere più presto e di sorpassare più rapidamente, senza nuocere all’organismo, lo stesso errore, sia pure nella direzione opposta, commesso dai comunisti “di sinistra”. E’ un errore anche il dottrinarismo di sinistra e non soltanto il dottrinarismo di destra. Naturalmente, l’errore del dottrinarismo di sinistra nel comunismo è in questo momento mille volte meno pericoloso e meno importante dell’errore del dottrinarismo di destra (cioè del social/sciovinismo e del kautskismo); ma è meno pericoloso soltanto perché il comunismo di sinistra è una corrente molto giovane, appena nata. Soltanto per questo la malattia, date certe condizioni, può essere facilmente curata; ed è necessario intraprendere questa cura con la massima energia.
143)Le vecchie forme sono crollate, perché il nuovo contenuto -contenuto antiproletario e reazionario- ha raggiunto uno sviluppo smisurato. Oggi, dal punto di vista dello sviluppo del comunismo internazionale, il nostro lavoro (per il potere sovietico e per la dittatura del proletariato) ha un contenuto così saldo, così forte, così potente che può e deve manifestarsi in qualsiasi forma, nelle nuove come nelle vecchie, che può e deve rinnovare, vincere, subordinare a sé tutte le forme, non soltanto le nuove, ma anche le vecchie; non già per riconciliarsi col passato, ma per trasformare tutte le più svariate forme, le vecchie come le nuove, in strumenti della vittoria piena e definitiva, decisiva e irrevocabile del comunismo.
144)I comunisti devono fare tutti gli sforzi per orientare il movimento operaio e lo sviluppo sociale in genere, per la via più diretta e più rapida, verso la vittoria mondiale del potere sovietico e verso la dittatura del proletariato. E’ un verità incontestabile. Ma basta fare ancora un piccolo passo oltre -anche se sembra un passo nella medesima direzione- perché la verità si cambi in errore. Basta dire, come dicono i comunisti di sinistra tedeschi e inglesi, che noi riconosciamo soltanto una via, quella diretta, che non ammettiamo nessun destreggiamento, nessun accordo, nessun compromesso, e questo è già un errore capace di recare, e che in parte ha già recato e reca, un gravissimo danno al comunismo. Il dottrinarismo di destra si è impantanato a riconoscere soltanto le vecchie forme, e il suo fallimento è stato completo perché non ha notato il nuovo contenuto. Il dottrinarismo di sinistra si impunta nella negazione assoluta di determinate vecchie forme, e non vede che il nuovo contenuto si apre la strada attraverso ogni e qualsiasi forma, che il nostro dovere, come comunisti, è quello di acquistare la padronanza di tutte le forme, di apprendere a completare, con la massima rapidità, una forma per mezzo dell’altra, a sostituire una forma con l’altra, ad adattare la nostra tattica a qualsiasi cambiamento che non sia causato dalla nostra classe, né dai nostri sforzi.
145)La rivoluzione mondiale è spinta avanti e così potentemente accelerata dagli orrori, dalle infamie, dalle turpitudini della guerra imperialista mondiale e dalla situazione senza uscita che essa ha creata; questa rivoluzione si sviluppa in estensione e in profondità con tale magnifica rapidità, con così meravigliosa ricchezza di forme che si avvicendano, con così edificante confutazione pratica di ogni dottrinarismo, che vi sono tutte le ragioni per sperare una sollecita e perfetta guarigione del movimento comunista internazionale dalla malattia infantile dl comunismo “di sinistra”.

27 Aprile 1920

APPENDICE
Prima che le case editrici del nostro paese -che gli imperialisti di tutto il mondo, per vendicarsi della rivoluzione proletaria, hanno depredato e continuano a depredare e a bloccare nonostante tutte le promesse fatte ai loro operai- riuscissero a pubblicare il mio opuscolo, sono giunti dall’estero dei documenti complementari. Pur non pretendendo affatto di dare nel mio opuscolo altro che i rapidi appunti di un pubblicista, voglio toccare brevemente alcuni punti.
I La scissione dei comunisti tedeschi
146)La scissione dei comunisti in Germania è divenuta una realtà. I “sinistri” o “opposizione di principio” hanno formato un loro “Partito operaio comunista” distinto dal “Partito comunista”. In Italia, a quanto sembra, si va pure verso la scissione; dico a quanto sembra perché ho soltanto qualche numero nuovo (nn.7 e 8) del periodico di sinistra “Il Soviet” in cui viene apertamente discussa la possibilità e la necessità della scissione, e si parla di una conferenza della frazione degli “astensionisti” (o boicottisti, cioè degli avversari della partecipazione al Parlamento), la quale, fino ad ora, fa parte del Partito socialista italiano.
147)C’è da temere che la scissione dai “sinistri”, dagli antiparlamentari (che sono in parte anche antipolitici, avversari del partito politico e del lavoro nei sindacati), diventi fenomeno internazionale, simile alla scissione dai “centristi” (o kautskiani, longuettisti, “indipendenti”, ecc.). E sia. La scissione è in ogni caso preferibile alla confusione, che è di ostacolo allo sviluppo ideologico, teorico e rivoluzionario del partito, alla maturità del partito e al suo lavoro pratico, concorde, realmente organizzato che prepara realmente la dittatura del proletariato.
148)I “sinistri” si mettano dunque praticamente alla prova, su scala nazionale e internazionale, provino a preparare la dittatura del proletariato (e poi ad attuarla) senza un partito rigorosamente centralizzato e sottoposto a una ferrea disciplina, senza la capacità di dominare tutti i campi, tutti i rami, tutte le svariate forme del lavoro politico e culturale. L’esperienza pratica li istruirà ben presto.
149)Bisogna soltanto tendere tutte le energie affinché la scissione dai “sinistri” non abbia ad ostacolare, od ostacoli il meno possibile, la fusione in un solo partito -che si presenta inevitabile e necessaria in un non lontano avvenire- di tutti i partecipanti al movimento operaio che sono sinceramente e onestamente per il potere sovietico e per la dittatura del proletariato. In Russia, la grande fortuna dei bolscevichi fu che essi ebbero quindici anni di tempo per condurre una lotta sistematica e a fondo sia contro i menscevichi (cioè contro gli opportunisti e i “centristi”), che contro i “sinistri”, molto prima della lotta imediata delle masse per la dittatura del proletariato. In Europa e in America bisogna ora compiere lo stesso lavoro a “tappe forzate”. Le singole persone, soprattutto gli sfortunati aspiranti capi, possono (se fa loro difetto la disciplina proletaria e l’ “onestà verso se stessi”) persistere troppo a lungo nei loro errori; ma quando il momento sarà maturo, le masse operaie si uniranno, e uniranno rapidamente e facilmente tutti i comunisti sinceri in un solo partito atto a istaurare il regime sovietico e la dittatura del proletariato.

*…Nella misura in cui mi è stato possibile conoscere i giornali dei comunista “di sinistra” e dei comunisti in genere in Germania, i primi hanno il vantaggio di saper condurre l’agitazione tra le masse meglio dei secondi. A più riprese avevo osservato una cosa analoga…nella storia del partito bolscevico…Ciò si spiega in parte con il fatto che, in un momento rivoluzionario o quando i ricordi della rivoluzione sono ancora vivi, è più facile avvicinare le masse con la tattica della semplice negazione. Ma questo non è ancora un argomento a sostegno della giustezza di tale tattica…(nota di Lenin)

II. I comunisti e gli “indipendenti” in Germania
150)Nel mio opuscolo ho espresso l’opinione che un compromesso fra i comunisti e l’ala sinistra degli “indipendenti” è necessario e utile al comunismo, ma che non sarà facile realizzarlo. I giornali che sono pervenuti in seguito hanno confermato l’una cosa e l’altra. Il numero 32 della “Bandiera rossa” organo centrale del Partito comunista di Germania (26 marzo 1920) contiene una “dichiarazione” del Comitato centrale di questo partito in merito al “putsch” (colpo di mano, avventura) di Kapp e Luttwitz e al “governo socialista”. Questa dichiarazione è perfettamente giusta, sia dal punto di vista della premessa fondamentale che dal punto di vista della conclusione pratica. La premessa fondamentale si riduce a constatare che in questo momento manca la “base obiettiva” per la dittatura del proletariato, perché la “maggioranza degli operai di città” segue gli “indipendenti”. Conclusione: si promette una “leale opposizione” al governo socialista (cioè rinuncia a prepararne l’ “abbattimento violento”) “purché ne siano esclusi i partiti capitalisti borghesi”.
151)Questa tattica è senza dubbio fondamentalmente giusta. Ma se non è il caso di fermarsi sulle piccole inesattezze di formulazione, non è però lecito passare sotto silenzio che (in una dichiarazione ufficiale del partito comunista) non si può chiamare governo “socialista” un governo di social/traditori, che non si può parlare di escludere “i partitti capitalisti borghesi” quando i partiti sia degli Scheidemann che dei signori Kautsky e Crispien sono partiti democratici piccolo/borghesi, e che non si possono scrivere cose come quelle che si leggono nel par.4 della dichiarazione, il quale suona così: “…Per l’ulteriore conquista delle masse proletarie al comunismo è immensamente importante, dal punto di vista dello sviluppo della dittatura proletaria, una situazione nella quale la libertà politica possa essere illimitatamente utilizzata e nella quale la democrazia borghese non possa agire come dittatura del capitale…”.
152)Una situazione simile è impossibile. I capi piccolo/borghesi, gli Henderson tedeschi (gli Scheidemann) e gli Snowden (i Crispien) non escono e non possono uscire dai limiti della democrazia borghese che a sua volta non può non essere la dittatura del capitale. Per il risultato pratico che il Comitato centrale del Partito comunista, del tutto giustamente cerca di conseguire, non bisognava affatto scrivere queste cose, sbagliate dal punto di vista dei principi e dannose politicamente; ma bastava dire (volendo essere parlamentarmente cortesi): finché la maggioranza degli operai delle città segue gli indipendenti, noi comunisti non possiamo impedire a questi operai di liberarsi dalle loro ultime illusione democratiche, piccolo/borghesi (cioè anche “capitalistiche/borghesi”), per mezzo dell’esperienza che faranno col “loro” governo, ciò è sufficiente per giustificare un compromesso che è veramente necessario e che deve consistere nel rinunciare, per un certo periodo di tempo, al tentativo di abbattere con la violenza il governo nel quale la maggioranza degli operai della città ha fiducia. Ma nell’agitazione quotidiana, di massa, che non è limitata dalla cornice della cortesia ufficiale, parlamentare, si può senza dubbio aggiungere: lasciamo che quei furfanti della specie degli Scheidemann e quei filistei della specie dei Kautsky e dei Crispien svelino nella pratica fino a che punto sono ingannati loro stessi e fino a che punto ingannano gli operai. Il loro governo “puro” compirà nel modo “più puro” quest’opera di “purificazione” delle stalle di Augia del socialismo, della socialdemocrazia e delle altre varietà del social/tradimento.
153)La vera natura dei capi odierni del “Partito socialdemocratico indipendente della Germania” (quei capi, dei quali si dice a torto che hanno già perduto ogni influenza e che per il proletariato sono in realtà ancor più pericolosi dei socialdemocratici ungheresi, che si dicevano comunisti e promettevano “appoggio” alla dittatura del proletariato) si è rivelata, ancora una volta, durante l’avventura korniloviana tedesca, cioè durante il “putsch” dei signori Kapp e Luttwitz. Un’illustrazione piccola, ma lampante, di questo fatto ci è data dall’articoletto di Karl Kautsky: “Ore decisive” nella “Libertà” (organo degli indipendenti) del 30 marzo 1920, e dall’articolo di Arthur Crispien: “Sulla situazione politica” (14 aprile 1920 ibid.). Questi signori non possono assolutamente pensare e ragionare come dei rivoluzionari. Sono dei democratici piccolo/borghesi piagnucolosi, mille volte più pericolosi per il proletariato quando si dichiarano partigiani del potere dei Soviet e della dittatura del proletariato, perché in realtà, in ogni ora difficile e pericolosa, consumeranno immancabilmente un tradimento…restando “sincerissimamente” convinti di aiutare il proletariato! Anche i socialdemocratici ungheresi, ribattezzatisi col nome di comunisti, volevano “aiutare” il proletariato quando, per vigliaccheria e mancanza di carattere, tennero per disperata la situazione del potere dei Soviet in Ungheria e si misero a piagnucolare davanti agli agenti dei capitalisti dell’Intesa e dei carnefici dell’Intesa.
III Turati e compagni in Italia
154)I numeri sopra citati del giornale italiano “Il Soviet” confermano pienamente ciò che ho detto nel mio opuscolo, a proposito degli errori del Partito socialista italiano, che tollera nelle sue file simili membri e perfino un tale gruppo di parlamentari. Ciò è confermato ancor meglio da un testimone estraneo, quale il corrispondente romano del giornale inglese borghese liberale “The Manchester Guardian” che pubblica, nel n.12 del marzo 1920, una sua intervista con Turati: “…Il signor Turati -scrive questo corrispondente- pensa che il pericolo rivoluzionario non sia tale da provocare in Italia timori che sarebbero infondati. I massimalisti giocano col fuoco delle teorie sovietiche soltanto per mantenere le masse in uno stato di tensione e di eccitamento. Queste teorie sono tuttavia concezioni puramente leggendarie, programmi immaturi, che non servono per uso pratico. Sono buone soltanto per tenere le masse lavoratrici in uno stato di aspettazione. Perfino coloro che le adoperano per adescare, per abbacinare il proletariato, si vedono costretti a condurre una lotta quotidiana per conquistare qualche miglioramento economico, spesso insignificante, al fine di allontanare il momento in cui le masse lavoratrici perderanno le loro illusioni e la fede nei loro miti preferiti. Di qui il lungo periodo di scioperi di tutte le dimensioni e per i più svariati motivi, fino agli ultimi scioperi degli impiegati postali e dei ferrovieri, scioperi che hanno reso ancor più grave la già difficile situazione del paese. Il paese è irritato a causa delle difficoltà connesse col problema adriatico, è schiacciato dal suo debito estero, dall’eccessiva emissione di carta moneta, e tuttavia è ancor lontano dall’essere consapevole della necessità di imporsi quella disciplina del lavoro che sola è in grado di stabilire l’ordine e la prosperità…”.
155)E’ chiaro come il sole che il corrispondente inglese, nella sua chiacchierata, si è lasciato sfuggire una verità che, verosimilmente, in Italia viene mascherata e travestita dallo stesso Turati e dai suoi difensori, complici e ispiratori borghesi. La verità è che le idee e il lavoro politico dei signori Turati, Treves, Modigliani, Dugoni e consorti sono effettivamente e precisamente quali li rappresenta il corrispondente inglese. Questo è vero e proprio social/tradimento. Che cosa vale la sola difesa dell’ordine e della disciplina per gli operai che si trovano nella schiavitù del salario, che lavorano per il profitto dei capitalisti! E come li conosciamo bene, noi russi, tutti questi discorsi menscevichi! Quanto è prezioso il riconoscimento che le masse sono per il potere dei Soviet! Quanto è ottusa e trivialmente borghese l’incomprensione della funzione rivoluzionaria degli scioperi di massa che si sviluppano con forza spontanea! Si, si il corrispondente inglese del giornale liberale borghese ha reso un pessimo servizio ai signori Turati e consorti e ha confermato nel modo migliore che Bordiga e i suoi amici del giornale “Il Soviet” hanno ragione di esigere che il Partito socialista italiano, se vuole essere realmente per la III Internazionale, scacci dalle sue file, con ignominia, i signori Turati e consorti e diventi un partito comunista, sia per il suo nome, quanto per le sue azioni.
IV. False conclusioni da giuste premesse
156)Ma Bordiga e i suoi amici “di sinistra”, dalla loro giusta critica dei signori Turati e consorti, traggono la falsa conclusione che, in genere, ogni partecipazione al Parlamento sia dannosa. I “sinistri” italiani non possono addurre neppure l’ombra di un argomento serio in favore di questa opinione. Essi ignorano semplicemente (o cercano di dimenticare) gli esempi internazionali di una utilizzazione dei Parlamenti borghesi, effettivamente rivoluzionaria e comunista, incontestabilmente utile alla preparazione della rivoluzione proletaria. Essi non immaginano neppure una “nuova” utilizzazione del parlamentarismo e, ripetendosi senza fine, continuano e strepitare a proposito della utilizzazione “vecchia” non bolscevica, del parlamentarismo.
157)In ciò sta appunto il loro errore fondamentale. Non soltanto nel campo parlamentare, ma in tutti i campi di attività, il comunismo deve introdurre (e non vi riuscirà senza un lungo, e perseverante, tenace lavoro) ciò che vi è di nuovo dal punto di vista dei principi, ciò che rompe radicalmente con le tradizioni della II Internazionale (conservando e sviluppando al tempo stesso ciò che la II Internazionale ha dato di buono).
158)Prendiamo pure, ad esempio l’attività giornalistica. Giornali, opuscoli, manifesti compiono un lavoro necessario di propaganda, di agitazione, di organizzazione. In un paese più o meno civile, nessun movimento di masse può fare a meno di un apparato giornalistico. E nessuno strepito contro i “capi”, nessuna giuramento di serbare immuni le masse dalle influenze dei capi potrà liberarci dalla necessità di utilizzare, per questo lavoro, delle persone che provengono da ambienti intellettuali borghesi, e potrà liberarci dall’ambiente, dall’atmosfera della democrazia borghese, della “proprietà privata” che è quella in cui si svolge questa attività in regime capitalista. Due anni e mezzo dopo l’abbattimento della borghesia e la conquista del potere politico da parte del proletariato, vediamo ancora intorno a noi questa atmosfera, questo ambiente di rapporti democratici/borghesi, di proprietà privata tra le masse (fra i contadini e gli artigiani).
159)Il parlamentarismo è una forma di lavoro; il giornalismo, un’altra. Il contenuto può in ambedue essere comunista e deve essere comunista, se coloro che lavorano nell’uno e nell’altro campo sono veramente comunisti, sono veramente membri del partito proletario di massa. Ma nell’uno e nell’altro campo -e in qualsiasi sfera di lavoro in regime capitalistico e durante la transizione dal capitalismo al socialismo- è impossibile evitare qulle difficoltà, quei compiti particolari che il proletariato deve superare e risolvere per utilizzare, ai propri fini, le persone provenienti dall’ambiente borghese, per vincere i pregiudizi e le influenze intellettuali borghesi, per fiaccare la resistenza dell’ambiente piccolo/borghese (e in seguito trasformarlo completamente).
Prima della guerra del 1914-1918 non abbiamo forse visto in tutti i paesi una straordinaria abbondanza di esempi, in cui anarchici, sindacalisti e simili ultra “sinistri” fulminavano il parlamentarismo, schernivano i parlamentari socialisti trivialmente imborghesiti, ne staffilavano crudelmente il carrierismo, ecc., ecc., mentre loro stessi, per mezzo del giornalismo, per mezzo del lavoro nei sindacati, facevano la stessa carriera borghese? Non sono forse tipici gli esempi dei signori Jouhaux e Merrheim, per limitarci alla Francia?.
160)La puerilità della “negazione” della partecipazione al Parlamento sta appunto nel credere di “risolvere”, in questo modo ” semplice” e ” facile” e pseudo/rivoluzionario il difficile problema della lotta contro le influenze democratiche/borghesi in seno al movimento operaio, mentre in realtà si fugge soltanto la propria ombra, si chiudono soltanto gli occhi davanti alla difficoltà e si cerca soltanto di liberarsene con delle parole. Il carrierismo più sfacciato, l’utilizzazione borghese dei posticini parlamentari, la sfacciata contraffazione riformista del lavoro parlamentare, il volgare consuetudinarismo piccolo/borghese: tutti questo sono, senza dubbio, i tratti caratteristici abituali e prevalenti che il capitalismo genera dovunque e non soltanto fuori, ma anche entro il movimento operaio. Ma il capitalismo e l’ambiente borghese da esso creato (e che perfino dopo l’abbattimento della borghesia scompare soltanto con molta lentezza perché i contadini rinnovano sempre la borghesia) producono, assolutamente in tutti i campi del lavoro e della vita, un carrierismo borghese, uno sciovinismo nazionalista, una grettezza piccolo borghese, ecc. sostanzialmente identici e che differiscono solo per insignificanti varietà di forma.
161)Voi sembrate a voi stessi “terribilmente rivoluzionari”, o cari astensionisti e antiparlamentaristi, ma in realtà vi siete spaventati per le difficoltà relativamente piccole della lotta contro le influenze borghesi in seno al movimento operaio, mentre la vostra vittoria cioè l’abbattimento della borghesia e la conquista del potere politico da parte del proletariato -creerà quelle stesse difficoltà in misura ancora maggiore, incommensurabilmente maggiore. Vi siete spaventati come bambini per una piccola difficoltà che oggi vi sta di fronte, e non capite che, domani o posdomani, dovrete pure imparare, imparare a fondo, a vincere le stesse difficoltà, in proporzioni incommensurabilmente maggiori.
162)In regime sovietico, un numero ancor maggiore di intellettuali borghesi si infiltreranno nel vostro e nel nostro partito proletario. Essi si insinueranno e nei Soviet e nei tribunali e nell’amministrazione, perché il comunismo non si può fondare se non con il materiale umano creato dal capitalismo, perché non si possono mettere al bando e annientare gli intellettuali borghesi, e bisogna vincerli, rifarli, trasformarli, rieducarli, così come si debbono rieducare, nel corso di una lunga lotta, sul terreno della dittatura del proletariato, i proletari stessi che dei loro propri pregiudizi piccolo/borghesi non si liberano di punto in bianco, per miracolo, per ingiunzione della madonna e neppure per ingiunzione di una parola d’ordine, di una risoluzione, di un decreto, ma soltanto nel corso di una lotta di massa lunga e difficile contro le influenze piccolo/borghesi di massa. Nel regime dei Soviet questi stessi compiti, che ora gli antiparlamentari respingono così fieramente, così altezzosamente con tanta leggerezza, così puerilmente con un gesto della mano, questi stessi compiti risorgono in seno ai Soviet, in seno all’amministrazione sovietica, fra i “difensori giudiziari” sovietici, (in Russia noi abbiamo abolito l’avvocatura borghese, e abbiamo fatto bene; ma essa rinasce sotto il manto dei “difensori giudiziari” “sovietici”). Fra gli ingegneri sovietici, fra i maestri sovietici, fra gli operai privilegiati, cioè più altamente qualificati e meglio trattati nelle fabbriche sovietiche, noi vediamo un costante risorgere di tutti assolutamente i tratti negativi che sono propri del parlamentarismo borghese, e soltanto per mezzo di una lotta ripetuta, instancabile, lunga, tenace dell’organizzazione e delle disciplina proletarie noi vinciamo gradatamente questo male.
163)Certo, sotto il dominio della borghesia è molto “difficile”, vincere le abitudini borghesi nel nostro partito, cioè nel partito operaio. E’ “difficile” cacciar via dal partito i soliti capi parlamentari -ai quali ci si è assuefatti- incurabilmente corrotti dai pregiudizi borghesi; è “difficile” sottomettere alla disciplina proletaria il numero di elementi provenienti dalla borghesia che ci sono assolutamente necessari (quand’anche in quantità strettamente limitata); è “difficile” creare in un Parlamento borghese un gruppo comunista perfettamente degno della classe operaia; è “difficile” ottenere che i parlamentari comunisti non si balocchino con i gingilli parlamentari borghesi, ma svolgano l’urgente lavoro di propaganda, di agitazione e di organizzazione tra le masse. Tutto ciò è “difficile”, non c’è dubbio; è stato difficile in Russia ed è incomparabilmente più difficile nell’Europa occidentale e in America, dove la borghesia , la tradizione democratica/borghese, ecc. sono molto più forti.
164)Ma tutte queste sono “difficoltà” veramente da bambini di fronte ai compiti, assolutamente dello stesso genere, che il proletariato dovrà inevitabilmente adempiere per vincere, durante la rivoluzione proletaria e dopo aver conquistato il potere politico. In confronto a tali compiti, realmente giganteschi, che si pongono durante la dittatura del proletariato, quando bisogna rieducare milioni di contadini e di piccoli proprietari, centinaia di migliaia di impiegati, di funzionari, di intellettuali borghesi, subordinarli tutti allo Stato proletario e alla direzione proletaria, vincere le loro abitudini e tradizioni borghesi, di fronte a questi compiti giganteschi, è un gioco puerile formare in regime borghese, in un Parlamento borghese, il gruppo parlamentare, effettivamente comunista, del vero partito proletario.
165)Se i compagni di “sinistra” e antiparlamentari non impareranno fin d’ora a superare nemmeno una difficoltà così piccola, si può dire con certezza che essi o non saranno in grado di attuare la dittatura del proletariato e di subordinare a sé e di trasformare su grande scala gli intellettuali borghesi e le istituzioni borghesi, o dovranno completare in fretta la loro rieducazione, e con questa fretta recheranno danni immensi alla causa del proletariato, commetteranno un maggior numero di errori, dimostreranno debolezza e incapacità superiori alla media, e così via.
166)Finché la borghesia non sarà abbattuta e finché, poi, non saranno del tutto scomparse la piccola azienda e la piccola produzione di merci, l’ambiente borghese, le abitudini del proletariato, le tradizioni piccolo/borghesi danneggeranno il lavoro proletario, dall’esterno come all’interno del movimento operaio, non soltanto nella sfera dell’attività parlamentare, ma inevitabilmente in tutti i possibili campi dell’attività sociale, in tutti i campi, nessuno escluso, della politica e della cultura. Un gravissimo errore che bisognerà poi ineluttabilmente scontare è il tentativo di respingere, di eludere uno di questi compiti o di queste difficoltà “sgradevoli” in un campo di lavoro. Bisogna studiare e imparare a divenire padroni di tutti i campi di lavoro e di attività, senza eccezione, vincere tutte le difficoltà e tutte le consuetudini, le tradizioni, le abitudini borghesi sempre e dappertutto. Una diversa impostazione della questione è semplicemente una cosa poco seria, è semplicemente una puerilità.

12 maggio 1920.

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